01 maggio, festa del lavoro: mai come quest’anno, tale ricorrenza assume un significato particolare, vista la crisi che sta colpendo tutto il mondo a causa del corona-virus.
Il 01 maggio nasce con l’intento di ricordare le lotte fatte dai lavoratori per raggiungere gli obiettivi economici e sociali, istituito come giornata per ricordare. Ma cosa si ricorda esattamente? La scelta ricade su questa data per commemorare la tragedia della rivolta di Haymarket, avvenuta a Chicago nel 1886: i sindacati organizzarono uno sciopero per far ridurre le ore lavorative ad 8, visto che raggiungevano le 16 ore al dì. Nei giorni successivi, la protesta continuò in modo pacifico, ma uno sconosciuto lanciò una bomba fra la polizia, che attaccò i manifestanti, portando alla morte di diverse persone e 7 poliziotti.
Otto persone furono arrestate e per sette di loro fu stabilita la condanna a morte; in seguito, per due dei sette, la sentenza fu commutata in ergastolo, poiché non c’erano prove certe che tra gli arrestati vi fosse la persona che aveva lanciato l’ordigno. Tuttavia il 20 agosto 1887 la giuria giudicò anarchici colpevoli tutti e otto gli imputati: August Spies, Michael Schwab, Samuel Fielden, Albert R. Parsons, Adolph Fischer, George Engel e Louis Lingg, furono condannati a morte; in seguito a pressioni internazionali la pena di Fielden e Schwab fu permutata in ergastolo, Oscar W. Neebe ebbe 15 anni di reclusione. L’11 novembre 1887, i detenuti furono impiccati a Chicago.
La notizia inasprì gli operai di tutto il mondo, ed essi divennero i “Martiri di Chicago”. È doveroso riportare le ultime parole pronunciate da alcuni di loro, profezie di un futuro che non ebbe mai alba: August Spies, disse morendo: “Verrà il giorno in cui il nostro silenzio sarà più forte delle voci che strangolate oggi“. Fischer, invece, urlò: “«Hoch die Anarchie!» (Viva l’anarchia!) Parsons, la cui sofferenza fu orribile, riuscì appena a parlare, perché il boia strinse immediatamente il cappio e fece crollare la trappola.
Le sue ultime parole: «Fate sentire la voce del popolo!» Una voce che urla ora come allora, perché ancora oggi, purtroppo, esiste lo sfruttamento e si muore per portare un pezzo di pane a casa. Facciamo sentire la voce del popolo, ricordiamo, educhiamo ed insegniamo a chi c’è e chi verrà dopo di noi, il diritto di essere umano anche sul lavoro.