Ma che aspettate a batterci le mani?
Cultura Napoli

Ma che aspettate a batterci le mani?

Il coro Voci Bianche del Conservatorio di Napoli S. Pietro A Majella in un testo di Dario Fo su musiche di
Fiorenzo Carpi
di Titty Ficuciello
Una bellissima iniziativa del coro di Voci Bianche del Conservatorio S. Pietro a Majella di Napoli che li ha
visti, protagonisti, esibirsi in una polifonia diretta dal maestro Carlo Mormile.
Il Conservatorio è un’antica istituzione che abbraccia cinque secoli di formazione musicale a Napoli; istituito
con Real Decreto da Giuseppe Bonaparte nel 1807, è l’erede degli antichi conservatori di Santa Maria di
Loreto, di Sant’Onofrio a Capuana e di Santa Maria della Pietà dè Turchini, confluiti tutti nel Real Collegio di
Musica. Annovera uno degli archivi storici musicali più importanti d’Europa in quanto ha ricoperto, nel
corso dei secoli, un ruolo fondamentale nella storia della musica. L’archivio, dal 2002, è consultabile per
tutti coloro che sono interessati a ricerche storiche e scientifiche sulla musica.
Il coro di voci bianche del S. Pietro a Majella comprende bambini e ragazzi tra gli otto e quattordici anni i
quali vengono selezionati attraverso un bando svolgendo un’attività di promozione, diffusione ed
educazione alla musica. Diretti dal M.° Carlo Mormile si sono esibiti, a distanza, nella nota MA CHE
ASPETTATE A BATTERCI LE MANI, testo del premio Nobel Dario Fo su musiche di Fiorenzo Carpi, il papà
musicale del Pinocchio. Ma che aspettate a batterci le mani? In paese sono arrivati i re dei ciarlatani con il
loro spettacolo di lune di cartone che illuminano a giorno l’amore. Ma ad accoglierli non ci sono bandiere ai
balconi né gli applausi degli spettatori. Eppure, non tanto tempo fa, persino il grande Napoleone,
accompagnato ogni sera dalla sua mamma, piangeva al dramma che stasera si ripropone. Ma perché
ancora nessuno batte loro le mani? (link youtu.be/9oSfvtF5YGE).
M.° Mormile perché avete scelto questo brano? Questo testo di Dario Fo è un inno alla vita, alla ripresa,
alla rinascita, è contro la guerra, e doveva essere preparato per uno spettacolo a gennaio. Poi siamo stati
travolti dal Coronavirus e il lockdown ci ha chiusi in casa, quindi mi è sembrato molto appropriato, in
questo periodo, proporlo come un auspicio di ripresa, come un inno alla vita, appunto, dopo tutto quello
che abbiamo passato e che tuttora ci coinvolge.
Qual è la maggiore difficoltà nel realizzare un lavoro del genere a distanza? Non è semplice, soprattutto
perché non si tratta di professionisti abituati e formati alle tecniche di audio e suono, ma bambini che
hanno iniziato il loro approccio alla musica perché non dimentichiamoci che noi , a differenza del coro del
S. Carlo di Napoli che fa solo produzioni, noi siamo soprattutto una scuola di formazione, quindi i nostri
ragazzi devono innanzitutto imparare. Un grande aiuto ci è stato dato dai genitori i quali si sono
trasformati in veri e propri coadiutori a distanza. Attraverso i loro canali whatsapp siamo riusciti a creare
un gruppo coeso. Occorre sottolineare che dei circa quaranta elementi del coro, solo 20 hanno
partecipato perché le restrizioni del lockdown su molti di questi ragazzi hanno inciso notevolmente in
quanto non c’è stata la piena collaborazione dei genitori impegnati sul lavoro e altro. Ma nonostante i
tanti problemi, come Conservatorio, abbiamo realizzato con i ragazzi un ponte a distanza con
esercitazioni continue e questo ci fa sperare in una piena ripresa delle nostre attività che hanno bisogno
soprattutto della relazione tra gli allievi e tra allievi e professori.

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