TRENTACINQUESIMO APPUNTAMENTO CON LA RASSEGNA LETTERARIA SUL
“DE REBUS SICULIS CARMEN AD HONOREM AUGUSTI”
di Vittorio Campagna
Lasciamo Capua, ormai nelle mani dei tancredini grazie a Riccardo, per ritornare a Messina dove avevamo lasciato Tancredi e Costanza sulla loro conversazione circa i loro rispettivi diritti al regno, che per i motivi addotti in precedenza erano a favore di quest’ultima.
I primi timori del suo passo azzardato di aver fatto prigioniera Costanza, imperatrice e aspirante al Regno di Sicilia sono rivelati dal primo atto, diciamo, inconsulto, riportato nella Particola XXIX: <<Tancredus mittis Constanciam uxori scribens ei>> “Tancredi manda Costanza dalla moglie con uno scritto”. In effetti, non sapendo come comportarsi, consegna la zia alle cure di sua moglie Sibilla. Tancredi, ormai, non si fida di nessuno specialmente dei messinesi che ritiene poco ben disposti ad accettare il fatto di essere divenuto re al posto della legittima erede, figlia diretta di Ruggero II. Impaurito dal fatto che possa essere liberata, decide di inviarla, quindi, a Palermo sotto la sorveglianza diretta della moglie Sibilla con una lettera di avvertimenti.
La lettera, in greco, è carica di preoccupazioni al punto tale che la moglie avrebbe dovuto leggerla in segreto e poi, bruciala (Quod, postquam tacito legeris ore, crema>> (“Che tu brucerai, dopo averla letta di nascosto”) (v.870). Prima di prendere iniziative proprie, invita la moglie ad esaminare la sua condizione precedente quando era solo contessa rispetto al momento che sta vivendo come regina con tutti privilegi che essi comportano (vv.871-879).
Infine, la raccomandazione più importante: <<Hanc nunquam sine te…una domus vobis, unum de nocte cubile… sine te patiare loqui… nunc maiora, nunc par, nunc minor esse velis ((“…Mai che rimanga sola…unica dimora… unico letto di notte, non lasciare che parli ad alcuno in tua assenza… mostrati ora superiore., ora uguale, ora inferiore”) (vv.880-884).
Comunque, la prima cura del poeta è mettere nella penna del re la sua condizione d’illegittimità di sovrano nei confronti della zia: <<Hec est Rogeri protoregis nobilis heres, illius est uxor, qui quatit omne solum>> (“Costei è la nobile erede del primo re Ruggiero, è la sposa di colui che fa tremare tutta la terra”) (vv.875-876). In effetti, egli stesso riconosce che la legittima erede è sua zia; eppure, invita a sorvegliarla direttamente stando sempre con lei, fino a dormire anche con lei; era necessario che non comunicasse con alcuno.
La risposta di Sibilla, appellata spesso dall’Imperatrice: <<Cerrea>> cioè, “L’Acerrana” (v.895), non si fa attendere; e ricorda al marito che l’atteggiamento imperioso e fiero della Sovrana: <<Visa superba loqui>> (“Sembra parlare con fierezza”) (v.892) la mette a forte disagio. Fa notare a Tancredi che Ella vive e si comporta con i servi, con gli eunuchi (v.894) come se fosse a tutti gli effetti la Regina del Regno e non la prigioniera. Questi sono gli stati d’animo di re Tancredi e di sua moglie Sibilla, quando Costanza giunge nella casa paterna di Palermo.
Un’ultima considerazione personale. Il poeta afferma che Tancredi avesse appreso il greco in esilio (a Costantinopoli); sarà pur vero, ma la Sicilia era poliglotta; parlavano correntemente e correttamente, specie i nobili (e Tancredi era comunque un nobile) il greco, il latino e l’arabo, senza disdegnare l’ebraico. Inoltre, nel Regno di Sicilia il greco era ancora molto affermato com’è provato dal fatto che fosse ancora in vigore il calendario bizantino e le “indizioni” del calendario greco.
N.B. La traduzione dal latino del prof. Carlo Manzione, è offerta per gentile concessione <<dell’Ass. ne Culturale “Ebolus dulce solum, Storia e Arte al servizio della Cultura“>>; mentre, l’articolo è tratto dal libro dell’autore, Vittorio Campagna: <<Pietro da Eboli, Vate latino della letteratura italiana>>, de “L’Aurore edizioni”, Torchiara 2018.