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Italia: 1 bambino su 8 nasce in povertà assoluta
La povertà minorile in Italia
Nel 2018 in Italia 1 milione e 200mila minori vivono in povertà assoluta, una condizione che affligge quindi in termini relativi un minore su 8, il 12,5% del totale. Questo dato, che era quattro volte inferiore solo dieci anni prima, nasce dalle difficoltà economiche sempre maggiori di molte famiglie.
Per l’ISTAT la povertà assoluta si rileva nel caso di disponibilità di denaro al di sotto della soglia della
<<spesa mensile minima necessaria per acquisire un paniere di beni e servizi che, nel contesto italiano e per una determinata famiglia, è considerato essenziale a uno standard di vita minimamente accettabile>>.
Povertà di famiglie italiane e straniere
Il 7% dei nuclei familiari con figli vive in povertà assoluta, mentre per una famiglia straniera con minori il rischio è più elevato. Quasi una su 3 (il 31%) di queste ultime non riesce a far quadrare i conti a fine mese. Un altro fattore, oltre a quello legato alla cittadinanza, è la collocazione geografica.
Dislivello Nord-Sud
Nel 2018 la stragrande maggioranza delle famiglie più povere si trova al Sud. Solo contando quelle italiane, oltre 4 su 10 vivono in povertà assoluta. Un dato che è quasi doppio rispetto a quello delle famiglie del centro-nord.
Mentre al nord-est il livello del tasso di povertà è rimasto costante al 10%, tra il 2014 e il 2018, ed è cresciuto di poco al nord-ovest (dal 10 al 12,6%), questo è raddoppiato al sud (dall’8 al 16%) e nelle isole continua a mantenersi su quote preoccupanti (oltre il 15%).
La povertà relativa
Considerazioni simili si possono trarre dalla valutazione della povertà relativa, che in questo caso viene calcolata dall’ISTAT
<<sulla base di una soglia convenzionale (linea di povertà) che individua il valore di spesa per consumi al di sotto del quale una famiglia viene definita povera in termini relativi>>.
Più precisamente in Italia una famiglia composta da due persone che spende meno o un valore uguale a 1.050,95 euro al mese è considerata povera in termini relativi. Nel 2019 il 22% dei minori, 2 milioni e 192mila, si trovano in situazioni di povertà relativa. Tuttavia c’è un grosso distacco fra la povertà relativa delle famiglie straniere (41,8%) e di quelle italiane (15,8%). Anche in questo caso la discriminante territoriale si unisce a quella sulla cittadinanza: solo il 10% dei minori è in povertà relativa in Emilia Romagna, mentre in Calabria, la regione che fa registrare il dato più alto, è il 43%.
Il peso dei minori
Nel 2019 la quota di persone che ha meno di quindici anni vale il 13,2% dell’intera popolazione italiana. Una componente in continua diminuzione, soprattutto se si guarda al divario con quella degli over 65, che è al 22,8%.
In Italia infatti i minori sono di meno (il 16,2%) rispetto al resto della popolazione e continueranno a diminuire nei prossimi anni. Secondo l’ISTAT i nati nel 2018 sono meno di 440mila, 18mila in meno rispetto al 2017, quando i nati erano stati 16mila in meno del 2016, e 136mila in meno rispetto al 2008.
La spesa dello Stato
Nel 2016 lo Stato ha destinato all’assistenza ai minori 2 miliardi e 740 milioni di euro. Questa somma, che è stata utilizzata per fornire diversi servizi e scopi (asili nido, servizi integrativi, ludoteche, centri diurni, estivi, aggregativi, strutture residenziali, affido, adozione, intermediazione, genitorialità) ha però al suo interno una differenza molto importante nella distribuzione.
Si passa dai 316 euro pro capite di aiuti in Emilia Romagna, la regione che impiega più risorse, ai 26 euro della Calabria, che è invece quella più debole in questo senso. Questa profonda diversità si ripercuote nell’attenzione che le singole regioni pongono sull’istruzione e sulla continuità scolastica dei minori. In Emilia Romagna 25 bambini su 100 sono seguiti dai comuni grazie ad un servizio di prima infanzia, mentre solo 2 su 100 in Calabria.
Sempre mettendo a confronto queste due regioni, l’Emilia Romagna destina 1600 euro all’anno per l’educazione di ciascun bambino tra 0 e i 2 anni, mentre la Calabria 90 euro. Al di là di questa frammentazione a livello territoriale, l’Italia spende sempre meno per l’istruzione e l’università (3,6% del PIL), meno della media OCSE (5%).