Proseguendo la disamina del “prologus” dell’opera petriana, il secondo disegno al centro della miniatrura della Carta 2 raffigura Lucano; anche lui, come Virgilio, con un rotolo in mano nel quale sono riportati il verso iniziale della Pharsalia e un verso latino dell’opera di un autore sconosciuto ma nota al tempo di Pietro, la quale riappare anche in una stampa saluzzese del 1498, riportata nelle “Memorie storiche diplomatiche di Saluzzo”, citata da un Aloyse Laurenti, erroneamente attribuita a Catone il Censore.
Ecco il primo verso della Pharsalia: <<Bella per Emathios plus quam campos>>; che tradotto, significa:
<<(Cantiamo) guerre più atroci di quelle civili, (combattute) per i campi d’Emazia>>.
Il verso lucaniano ha un’attinenza ancora maggiore dei due precedenti versi di Virgilio con l’Opera di Pietro, perché proprio le guerre di successione dinastica Normanno – Sveva circa il Regno di Sicilia sono andate ben oltre la guerra civile tra Cesare e Pompeo dell’opera di Lucano perché ha interessato in prima persona il nipote diretto di Re Ruggero II, Tancredi, e di sua zia Costanza, ultima nata del primo Re di Sicilia. Più che guerra civile, quindi, è stata una “guerra fratricida” ma a vantaggio di uno straniero, Enrico VI; il quale, prima di morire, si comporterà da vero lanzichenecchi su Salerno, pur meritando un giusto castigo, e sui suoi personali nemici. Lo Svevo tradurrà prigioniero in Germania l’Arcivescovo di Salerno Niccolò d’Aiello, e a seguire tutti gli altri presuli salernitani saranno ritenuti nemici giurati (anche se non dichiarati) da suo figlio Federico II. La prima vittima sarà proprio il successore del d’Aiello, Cesareo d’Alagno, al quale nel 1230 gli sarà commissariato il castello di Olevano, mentre nel 1239 gli sarà persino confiscato (castrum exemptum). Salerno, in oltre, perderà la sua importanza come seconda capitale del regno di Sicilia a favore di Foggia (Capitanata) e Napoli (città Universitaria dal 1224) che diverranno le città più importanti dopo Palermo capitale.
Il secondo verso, dell’autore sconosciuto, citato da Pietro dice:
<<Lucanum queras, qui martis prelia dicet>> che tradotto significa:
<<Chiederai a Lucano, il quale dirà le battaglie di Marte>>.
Anche questo verso è più che mai attinente all’opera di Pietro perché Lucano, come esperto di “guerre civile”, conosce le battaglie che Marte, dio della guerra, combatte.
L’insigne saluzzese, Laurenti, facendo riferimento alle guerre fratricide normanno-sveve e a tutte le altre guerre intestine, afferma: <<O quand odio intestin lo fe bachante>>; infatti, ritenendo Lucano l’esperto di guerre civili parafrasa il verso dell’autore sconosciuto in questa maniera: <<Se vuoi comprendere gli orrori delle guerre civili “Ne’ carmi di Lucano hai tutto pronto”. È la stessa interpretazione che ha fatto il nostro illustre concittadino, nel descrivere il dramma normanno-siciliano.
[1] L’opera è detta: <<Catonis distica de moribus>>.