Il “democristiano” Franceschini sta rifacendo il DS con l’operazione Schlein confermando, di fatto, come la fusione a freddo tra moderati-riformisti e comunisti non abbia mai funzionato.
Nel 2007 ero coordinatore provinciale di Italia di Mezzo (ricordate il discorso di Marco Follini in Senato in occasione del voto di fiducia al Governo Prodi? Il suo voto fu determinante e grazie al suo “ago e filo” quell’esperienza continuò) e venni chiamato a fondare in provincia di Salerno, insieme agli altri segretari dei vari partiti e movimenti, il Pd. Non me la sentii, non ci credevo, abbandonai!
Credevo sicuramente nell’alleanza, in un partito di centro che guardasse a sinistra però non tutti insieme nello stesso contenitore, ma tant’è!
Col senno di poi potrei dire che avevo ragione, invece credo che mi sbagliavo e che Veltroni e Rutelli ci avevano visto giusto: serviva al Paese un partito “democrat” all’americana!
Il problema è che poi è stato declinato all’italiana: invidia e giochi di potere per il potere.
Prima hanno fatto fuori Veltroni, poi il “coraggioso” Rutelli e infine Renzi. Solo questo sarebbe dovuto bastare per considerare l’esperimento fallito per parricidio!
Tre leaders, si diversi tra loro, ma tutti dotati di una visione politica chiara: hanno sempre voluto un partito snello, riformista, maggioritario e proiettato al futuro. Ciò non è stato!
Torniamo ai giorni nostri, se l’operazione Schlein andrà in porto (a scapito dei governatori riformisti PD), servirà a salvaguardare alcune correnti di potere in vista delle Europee 2024 e ad andare all’abbraccio mortale populista coi 5s di Conte.
Il pallino tornerà esclusivamente in mano ai progressisti che nel frattempo non hanno mai perso la vocazione “cannibale” delll’annessione.
Cari riformisti del PD, nel 1983 il direttore de Il Manifesto Luigi Pintor scrisse “non vogliamo morire democristiani”, voi volete morire comunisti?