A.D. 1189. Le miniature della particola II terminano con il <<Planctus eiusdem regis defunti>>; il pianto per la morte del Re e l’indicazione del luogo (cappella palatina) dove si è celebrata la funzione funebre. La particola III continua con il pianto della citta di una Palermo trilingue (latino, greco e arabo), per la perdita del suo Sovrano, Guglielmo II: <<Ore, manu, lacrimis clamant, clamoribus instant cum pueris iuvenes, cum iuniore senes; dives inops, servus, liber, pius, impius, omnes exequias equo pondere regis agunt; (vv.58-61)>> (“Gemono nei volti, con i gesti, con le lacrime, non cessano di piangere i giovani insieme ai fanciulli, i vecchi con i più giovani; il ricco, il povero, il servo, l’’uomo libero, il pio, l’empio, tutti, con eguale partecipazione, celebrano i funerali del re”). È un vero lutto cittadino, ma anche dell’intero regno di Sicilia.
Al termine della novena del lutto cittadino s’intravvedono i problemi; la tranquillità scomparirà perché <<Mens erat a stabulis pellere nostra lupos (v.71)>>, (“Finora tenevamo lontano dalle stalle i neri lupi”); mentre, la pace che prima regnava tra gli uomini e gli animali, tipo Età dell’oro di esiodea e ovidiana memorie quando il benessere regnava: <<Vespere lacte graves opilionis oves. Hactenus unguiferos hos herrans nulla leones, rostriferas aquilas nulla timebat avis. Hactenus ibat ovans solus per opaca viator; hactenus insidiis nec locus ullus erat (vv.73-77) (“E sempre gravide di latte tornavano le pecore del pastore. Finora vagando nessuna mucca temeva i leoni dalle unghia aguzze, finora nessun uccello temeva delle aquile gli artigli. Finora, lieto, se ne andava solitario il viandante per luoghi oscuri; finora nessun luogo era esposto ad imboscate”), ora non vivranno più in sicurezza; la guerra civile divamperà e inghiottirà ogni cosa.
Di codesta visione catastrofica se ne fa interprete l’Arcivescovo Gualtiero d’Offamil quando Pietro gli fa dire che <<Hactenus errante correximus, actenus atros, mens erat a stabulis pellere nostra lupos (vv.70-71)>> (“Abbiamo corretto coloro che sbagliavano, finora tenevamo lontano dalle stalle i neri lupi”); il presule avrebbe previsto l’insorgere della cruenta lotta di successione al trono; e che baroni ed ecclesiastici avrebbero appoggiato una fazione contro l’altra.
Una nota per i lettori. A Gianbattista Siragusa non pare probabile che qui si accenni all’arcivescovo Gualtiero Offamil, l’antistes di Palermo. L’elogio di Guglielmo II fu letto al popolo e ai magnati di corte in Palermo dall’arcivescovo di Reggio Calabria Tommaso, ”Antistes” anch’egli, e sta col titolo di <<Encornium THOMAE ARCHIEPISCOPI REGINI de morte felicissimi regis Guillielmi ad Panormitanos et curiales>>, del quale esistono due copie nei Manoscritti della Biblioteca Comunale di Palermo. Pietro, poeta di parte, attribuisce l’elogio funebre a Gualtiero perché era favorevole alle nozze di Costanza d’Altavilla con Enrico VI; anzi, sarebbe stato proprio lui a convincere Guglielmo II, riluttante, a permettere il matrimonio tra i due casati.