Particula XI: <<Regni legatio>>: “La delegazione del regno”.
Anno 1191. Enrico VI incoronato Imperatore del S.R.I. riceve una delegazione di nobili del Regno di Sicilia che lui si appresta ad invadere. Sono i primi naturali effetti dell’incoronazione a Imperatore. Ogni singolo delegato presenta una lettera di referenze del suo “signore” per essere accettato dal neo-imperatore e futuro Re di Sicilia. Codesto atto riverenziale in massa da parte dei notabili del Regno è volutamente messo in contrasto con lo scarso seguito che ha avuto Tancredi nella sua elezione a Re, due anni prima. La scena è illustrata in maniera mirabile dalle miniature, ed è un peccato non poterle pubblicare insieme ai versi per mancanza di spazio; il lettore avrebbe avuto una più chiara visione d’insieme di quell’evento storico come per gli altri giù raccontati. Pietro, così, presenta i delegati al cospetto dello Svevo: <<Suscipit interea legatos scripta ferentes, quos proceres regni, quos docuere duces>> (vv.292-293) (“Riceve, intanto, i delegati che recano lettere, con le istruzioni dei nobili del regno e dei duchi”).
<<Primus magnanimus scripsit comes ille Rogerus>> (v.294); (“Per primo scrisse a lui il magnanimo conte Ruggero”). Il primo a essere menzionato è il conte Ruggero d’Andria, che fu anche il primo ad aspirare al Regno di Sicilia. In realtà, Ruggero non poteva inviare alcun delegato perché era già morto l’anno prima, 1190; pertanto non poteva rendere all’Imperatore alcun omaggio dopo l’incoronazione, avvenuta nella pasqua 1191. È pur vero che scrisse ad Enrico VI ma molto tempo prima (fine 1189 – inizio1190), e per un motivo diverso: quello d’invitarlo ad invadere il regno e deporre l’usurpatore Tancredi, come del resto fece inviando un esercito tedesco al comando del maresciallo imperiale, seppur senza successo nel primo tentativo. A seguire, <<Scripsit Consanus… comes…>> (v. 296), (“…Scrisse il Conte di Conza…”), descritto dal poeta di bello d’aspetto e paterno; <<Scripsit Molisius>> (v. 297), (“Scrisse il conte del Molise”), appellato illustre; poi, ricorda i conti di Tricarico e di Gravina <<… Tricarici comes …Gravini>> (v.298); Filippo Guarna con i suoi figli, (…Prole Philippus) (v.299), fratello del deceduto Arcivescovo di Salerno, Romualdo. Cita i gemelli Lupini <<… Gemini fratres Lupini>> (v.300) autorevoli personaggi al tempo di Guglielmo II e il vescovo di Capua, Matteo <<…Antistes… Capuanus>> (v.301). Non poteva mancare l’arcivescovo di Palermo Gualtiero d’Offamill <<…Antistes…Gemma Panormi>> (v.302), capo del partito tedesco, e di suo fratello Bartolomeo <<…Presul Bartholomeus…>> (v.303), vescovo di Girgenti (Agrigento). Infine, menziona l’arcidiacono di Salerno, Aldrisio <<… Archilevita Salerni…>> (vv. 304-305), fervente partigiano di Enrico VI.
Lascia, invece, qualche perplessità la lettera inviata anche dal Re di Sicilia Tancredi: <<Scripserat infelix semivir ipse comes>> (v.295) “(Aveva scritto anche quell’infelice mezzo uomo del conte”), acerrimo nemico dello Svevo. Pur non potendola escludere del tutto, la lettera tancredina per una delegazione siciliana presso l’Imperatore non è registrata dalla storia; pertanto, non è da escludere che la citazione di una lettera di Tancredi da parte di Pietro sia finalizzata al continuo disprezzo della sua persona messa a confronto con quella di Enrico VI. Infatti, lo definisce “infelice”, “mezzo uomo”, ma soprattutto lo chiama irriverentemente “conte”, quando, invece, da due anni era “Re di Sicilia”; al contrario, i mittenti degli altri “delegati” sono appellati con titoli e onori.
Il lettore, comunque, deve distinguere il Pietro “storico” dal Pietro “poeta elegiaco”: il primo riporta gli eventi storici nudi e crudi; il secondo deve rispettare le regole della poesia elegiaca, la quale esige delle imposizioni che sfuggono alla stessa storia.