IL BULLISMO AI TEMPI DEL CORONAVIRUS: L’ANALISI DI LAURA AVELLA
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IL BULLISMO AI TEMPI DEL CORONAVIRUS: L’ANALISI DI LAURA AVELLA

Riceviamo e volentieri pubblichiamo la quarta collaborazione culturale riguardante il delicato tema socio-pedagogico del Bullismo, declinato in tutte le sue aberranti manifestazioni, redatta da Laura Avella, avvocato partenopeo di origine cilentana (Perdifumo), collaboratrice della casa editrice “Il Saggio” e dell’omonima storica rivista di Eboli.

L’avvocato Avella, come già precedentemente accennato, è attiva da tempo parimenti nel mondo culturale cilentano,  infatti essa è vicepresidente del”associazione ACIPeA-Cilento, la quale promoziona il territorio e le migliori tradizioni culturali dello stesso.

(Quando stare a casa può fare bene)

Quando vieni al mondo i tuoi piccoli occhi vedono solo ombre di sagome buffe che fanno gesti strani e parlano a sillabe scandite.

Lo stesso rituale si ripete per ogni bambino e per quello successivo e, per quello già nato resta il fascino di tale umana tradizione.

Allora si pensa che tutti vogliono parlare con il neonato, e che appena questo potrà parlare lo farà con il mondo intero.

Quindi si viene al mondo con la convinzione che il filo conduttore di tutte le cose sia il dialogo dell’amore.

Si esce al mondo con la “sete” che stare insieme agli altri sia la regola, e che quanto più esposto è il sentimento, tanto più si diviene vulnerabili e, si diviene un “bersaglio del disagio altrui” perché non tutti nascono tra le attenzioni e l’affetto.

Chi è la vittima? Chi è il carnefice?

Ebbene, in una società civile la condotta violenta non dovrebbe trovare spazio per proliferare, invece accade che il disagio ambientale di assenza di affetti, determini altrettanti comportamenti asociali, che sfociano in atti di violenza verso il prossimo.

È un “fenomeno mostruoso” indice della rabbia repressa di colui che non riceve affetto e, non è in grado di darlo, ovvero non è in grado di percepire che chi si pone favorevolmente nei suoi confronti sia un amico con cui condividere le esperienze e non una preda da sacrificare.

In questi giorni di chiusura tra le mura domestiche, il nostro protagonista si affaccia alla finestra, osservando nel vuoto, in attesa di uscire di casa, incontra lo sguardo di un altro bambino del palazzo di fronte.

Dalla figura sfuocata, appare più visibile la sagoma del compagno di scuola, quello della 3^ B quello che dallo scherno passa alle mani, ed agli insulti gratuiti.

Chissà in questi giorni di pandemia come gestisce l’aggressività tra le mura domestiche e quella rabbia che quotidianamente esercita con  la vittima di turno.

Aguzzando la vista si riesce a vedere i suoi occhi che, a dire il vero, sono belli ma anche tristi.

Ogni giorno si affaccia alla finestra, sia nei giorni di pioggia che nei giorni di nuvole terse e intravede una sagoma, ma in un giorno di sole è sicuro che l’altro bambino lo segua a distanza e non è possibile che sia diventato così timido, ricordando quanta arroganza e spavalderia ha mostrato in questi anni. Eppure pare che tutto questo sia svanito dietro un bellissimo sorriso.

È stato riconosciuto certamente e non poteva essere altrimenti, dopo averlo deriso per anni con il suo “branco”.

Passano i giorni e stare alla finestra diventa il momento più bello della giornata.

Peccato che quando viene la sera non si vede più nulla e non resta che aspettare l’indomani.

Sta quasi arrivando la Santa Pasqua, e il ricordo di Gesù che fu deriso sulla Croce, Lui che aveva sacrificato la sua vita per il mondo – come dice il catechista nel corso della cresima sospeso per il coronavirus – gli sberleffi ricevuto dal bambino nel corso di tutti questi anni passano in secondo piano.

Si affaccia alla finestra e vede il bambino del palazzo di fronte con un uovo di cioccolato nelle mani che ha accanto sua madre, con guanti e mascherina, in procinto di andare a fare la spesa e come accadeva alla sua nascita, vede sagome buffe che parlano a sillabe scandite e capisce che sarà proprio la mamma del bambino a portargli l’uovo sotto casa.

Apre la finestra, fa un cenno con la mano ed un sì con la testa.

Quindi essere chiusi in casa per tutto questo tempo non è stato così male e pensa ad alta voce: ha ragione la mamma ed anche il Sindaco che dalla TV e dalla radio ci dice di non uscire.

Il destino di due esseri umani divisi da un disagio, può trovare la sconfitta nella perseveranza di restare a casa e, con l’amore ritrovato nelle mura domestiche, sconfiggere anche il disagio sociale.

(Laura Avella)

Federica Farricelli (11 anni) autrice del disegno