Iqbal è un bambino povero. Iqbal non ha tempo di essere bambino, a quattro anni già lavora in una fornace. Ieri è ricorso l’anniversario della sua morte, divenuto anche la giornata mondiale contro la schiavitù infantile. Ha combattuto per gli altri come lui, perché chi è bambino ha il diritto di esserlo, ha il diritto di giocare, di studiare, di ridere, non di lavorare come uno schiavo per più di 12 ore al giorno. Attivista pakistano, nasce nel 1983 da una famiglia povera che lo vende ad un commerciante di tappeti. Iqbal ha solo 5 anni, è costretto a lavorare incatenato e malnutrito al telaio per più di 12 ore, tanto da riportare dei danni alla crescita. Nel 1992 riesce a scappare dalla fabbrica e partecipa ad una manifestazione del BLLF per rivendicare i suoi diritti, ma ritornato alla fabbrica, malgrado le botte, lui non vuole più lavorare: la famiglia cerca di obbligarlo, deve pagare altri debiti, che lavori anche senza mangiare! Così la famiglia viene cacciata dal villaggio ed Iqbal, ospitato in un ostello, può finalmente cominciare ciò che gli è stato negato: studiare. Nel 1993 inizia a viaggiare e lotta per i diritti dei bambini, ricevendo a Boston il premio Reebok Human Rights Award, dove viene istituita un’apposita categoria poiché giovanissimo. Le cause della sua morte non sono chiare: contraddittorie le testimonianze dei due cugini, che quel giorno, il 16 aprile 1995, sono con lui in bicicletta. Il ragazzo viene colpito alla schiena, ma non si sa davvero chi abbia sparato. Varie ipotesi si accreditano: la mafia dei tappeti, un lavoratore con cui Iqbal ha litigato o un’eroinomane di passaggio. La cosa certa è che una giovane vita è stata spezzata, consegnandola ai posteri. Dopo la sua morte, infatti, Iqbal diventa il simbolo della lotta contro la schiavitù infantile; gli sono intitolate parecchie scuole anche in Italia: a Milano, a Roma, a Trieste, a Reggio Emilia e a Nocera Superiore. Nel 2000 riceve il Premio World’s Children’s Prize per i diritti dei bambini e diviene il protagonista di una fiaba moderna per bambini, scritta da Giuseppe Pederiali, Il Tappeto Volante, contenuta nel romanzo Il bambino che non voleva nascere. Iqbal è un bambino povero, morto come nessun ragazzo dovrebbe morire. Egli dice: «Nessun bambino dovrebbe impugnare mai uno strumento di lavoro. Gli unici strumenti di lavoro che un bambino dovrebbe tenere in mano sono penne e matite.» Fate vostra questa frase, insegnate ai vostri figli il diritto alla crescita, e raccontate la vicenda di Iqbal Masih, il bambino che non ebbe il tempo di essere bambino.