ARTICOLO PUBBLICATO SU INEBOLI MESE DI MAGGIO 2023
Parco Fusco – Pesce, area di sedime Pezzullo, C2O, Parco Le Vele, ex Apof, Zona archeologica Fontanelle villa romana, etc. Tanti i problemi rimasti insoluti da decenni. Parola d’ordine: riconvertire!
di Marco Naponiello
Sono diventati ormai parte del panorama cittadino, una sorta di architettura distopica post industriale che in alcuni casi insiste proprio al centro della città e si stagliano alla stregua del classico pugno nell’occhio per il visitatore. Sì infatti, per il forestiero può sembrare una cacofonia visiva, ma per l’indigeno, jevulese in senso stretto è diventata oramai un’abitudine, quasi una rassegnazione allo stato di fatto. Invero ci sono delle generazioni che sono nate già con la presenza ingombrante di questi ecomostri, i quali diventano un facile slogan di promesse in campagna elettorale, arricchita con progetti pronti alla portata di tutti, da urlare nelle piazze e da postare sui social: plastici, video reading, presentazioni pubbliche come si usa fare oggigiorno, ma alla fin fine rimangono strutture meramente virtuali. Siamo abituati nella nostra piccola comunità come in tutta Italia, che in campagna elettorale vige una regola molto semplice, ossia: “per ogni problema c’è una soluzione” ma poi puntualmente chiuse le urne e passato il periodo propagandistico “ad ogni soluzione nasce un problema”. E così permangono da decenni queste strutture: tra tutte: l‘area di sedime Pezzullo e il parco Fusco – Pesce, l’una di proprietà pubblica, l’altra privata sotto procedura concorsuale, con problematiche burocratiche molto diverse ma che comunque devono essere risolte per un chiaro rischio ambientale, vedi topi, insetti, crolli parziali, possibilità di improvvisi incendi a causa delle erbacce, pericoli che nella stagione estiva aumentano considerevolmente. Inoltre tali “monumenti alla burocrazia” fanno il triste paio ad altri leggermente più periferici, come il C2O, la ex Apof, il parco Le Vele, che In molti casi sono divenuti finanche rifugio di disperati clandestini, che cercavano qui da noi una “terra promessa”, ove noi stessi stentiamo a sopravvivere. Per non dimenticarci del rischio di amianto: l’eternit che è stato in buona parte bonificato sul territorio cittadino, ma da ipotizzare che ci siano altri elementi metallici esposti agli agenti atmosferici, che pur se in numero esiguo non sono da sottovalutare, essendo questo materiale infido e assai dannoso se inalato con costanza dai residenti. Ed infine come non dimenticarci della villa romana allocata presso la biforcazione, tra il Rione Fontanelle e l’inizio delle Grataglie, zone residenziali che vedono quest’anno il triangolo perimetrale della stessa villa, ricoperto da un oceano d’erba che oramai ha inghiottito completamente persino la parte superiore di quest’antico manufatto. Trattasi pertanto di una rara villa tardo Imperiale di epoca costantiniana, scoperta una cinquantina di anni orsono, tuttavia per le solite beghe di giurisdizione/competenza, tra il Comune e la Sovrintendenza, non si è mai andato oltre la parte superiore del tetto che fuoriesce, ovvero non si è scavato al di sotto per scendere ai piani inferiori, ove sicuramente aspettano “la luce del sole” da quasi duemila anni, le suppellettili e le opere d’arte abbellenti la magione. Infine da non sottovalutare che la nostra Eboli gode di un retaggio romano assai nobile, partendo dalla Stele eburina che decretava il rango di Municipio, passando per Le Fornaci e l’acquedotto, ed infine la Villa romana testé accennata. Ebbene sarebbe stata un’ ottima iniziativa se si fosse addivenuti in tempi ragionevole agli scavi, cosi da inserire la nostra città in un circuito virtuoso e di nicchia di turismo archeologico, ne avremmo sicuramente tutti guadagnato. Detto questo, prima del congedo, auspichiamo che l’amministrazione in carica, e lo affermiamo “nelle corde” in un’ottica collaborativa, possa intercettare i fondi PNRR che sono un’occasione storica di rilancio economico globale per porre finalmente rimedio a tali invereconde situazioni indegne senz’altro, di una cittadina con 3.000 anni di Storia e riconvertire queste aree dismesse offrirebbe uno slancio positivo su tutti i fronti; dunque se l’attuale classe dirigente riuscisse in questa impresa, certo difficile ma non improba, avrebbe la gratitudine incondizionata dei suoi amministrati e viepiù un’ imperitura memoria. Noi siamo qui, sempre: ad Eboli, per Eboli….InEboli!!!