TRENTADUESIMO APPUNTAMENTO CON LA RASSEGNA LETTERARIA SUL “DE REBUS SICULIS CARMEN AD HONOREM AUGUSTI”
Cultura

TRENTADUESIMO APPUNTAMENTO CON LA RASSEGNA LETTERARIA SUL “DE REBUS SICULIS CARMEN AD HONOREM AUGUSTI”

Tancredi, all’incontro con Costanza, si presente con volto allegro per non disilludere il popolo; ma è triste nell’animo per gli avvenimenti futuri appena rimane solo con se stesso. La presenza di sua zia al suo cospetto gli ricorda la sicura vendetta di Enrico VI per aver permesso il sequestro dell’imperatrice. Il poeta accentua la sua condizione di frustrato ricordando la sua oscura origine: <<At genus incertum, sexus iniria>> (“Ma di nascita incerta, obbrobrio del nostro sesso“) (v.747) che è il tema ricorrente di Pietro.

 

La Particola XXVI: <<Tancredus futura cogitans lacrimatur>> (Tancredi pensando al futuro piange”) è tutto un programma e introduce bene il successivo monologo del re. È un monologo che sa di grottesco, così come lo fa enunciare Pietro: <<Eu michi, quis poterit contendere Cesaris armis?>> (“Ahimè, chi potrà contendere con le armi di Cesare”) (V.749); infatti, nessuno farebbe prigioniera la moglie del più potente uomo sulla terra e poi temerne l’ira.

 

Il Re è presentato come terrorizzato dall’idea che, appena sarà in forza, Enrico VI verrà in Italia e si prenderà ciò che gli dovrebbe appartenere: il Regno di Sicilia. È terrorizzato dal possente esercito teutonico e dai suoi comandanti, come <<Unus Rombaldus regnum michi cum tribus aufert>> (“Da solo Rambaldo con tre uomini può strapparmi il regno”) (v.757) e <<In Diopoldeo nomine terra tremit>> (“Al nome di Diopoldo la terra trema”) (v.758) che con pochi uomini potrebbe sbaragliare un esercito.

 

Al contrario, pur apprezzando suo cognato, Riccardo conte di Acerra, uomo di statura gigantesca, fedele e forte, ma che ha <<Nimis arma timet>> (“Troppo ha paura delle armi”) (v.764).

 

Preferisce, allora, ricorrere alla corruzione con molti danari, argento e soprattutto oro, infatti <<Ius a superis, a Iove numen emit>> (“Esso compra dai celesti il diritto, da Giove il potere”) (v.768)  per salvare la sua famiglia composta di sei persone  <<Imbelles>> (“Imbelli”) (v.771), e <<Infelix pelago turba relicta sumus>> (“Siamo una turba infelice abbandonata nel mare”) (v.772).

 

Il poeta presenta quindi un quadro penoso, quasi ridicolizzato, della condizione psicologica di Tancredi e della sua famiglia. Il quadro sarà più completo con le successive particole.

 

 

 

 

 

 

 

P.S. La traduzione dal latino è del prof. Carlo Manzione, dal libro “De rebus siculis carmen ad honorem Augusti” a cura di Mariano Pastore;  mentre l’articolo è tratto dal libro dell’autore, Vittorio Campagna: <<Pietro da Eboli, Vate latino della letteratura italiana>>, de “L’Aurore edizioni”.

N.B. La traduzione dal latino del prof. Carlo Manzione, è offerta per gentile concessione dell’ ass. ne Culturale “Ebolus dulce solum, Storia e Arte al servizio della Cultura”.