Io e mio fratello eravamo davvero inseparabili, da piccoli. Più per insistenza mia che per volontà sua, sinceramente, anche se dietro la sua scorza di “duro” si nascondeva, non troppo, il suo enorme affetto per me, assolutamente ricambiato. Lui era di due anni più grande ed era il mio compagno di giochi, di marachelle, di avventure e spesso, ahinoi! di disavventure.
Nostra madre ci ripeteva continuamente di stare attenti a tutto, perché tutto poteva rappresentare un pericolo per noi: gli sconosciuti, i giochi per strada, le cattive compagnie, i bagni a mare, l’arrampicarsi sugli alberi, le corse…praticamente ogni cosa. Era sempre tesa, preoccupata, ma in seguito all’ultimo trasloco fatto in una piccola casa del nostro bellissimo centro antico lo era ancora di più. Noi attribuivamo questo suo nervosismo al fatto che nostro padre fosse lontano, in Germania, precisamente, per motivi di lavoro. Questo sicuramente influenzava il suo umore, dovendo badare da sola a due bambini di cui si sentiva doppiamente responsabile, ma avevamo comunque notato un evidente peggioramento.
Un giorno, chiusi in un religioso silenzio nella nostra cameretta e decisi a scoprire nelle sue confidenze alla sorella che era venuta a farci visita cosa ci nascondesse e la inquietasse così tanto, le sentimmo raccontare una cosa per noi davvero sconvolgente: nella nostra casa, a dir suo, non eravamo soli, ma c’era lo “Scorzamauriello”. Immediatamente, però, aggiunse di aver “naturalmente” scherzato, ma a noi insinuò il dubbio che lo avesse fatto per troncare il discorso ed evitare domande. Insomma, non ci credemmo e ci ripromettemmo di scoprire la verità.
Quella notte tardai ad addormentarmi, mentre mio fratello, che si sentiva l’uomo di casa, pur avendo solo otto anni, non chiuse praticamente occhio (o almeno così mi disse) perchè doveva proteggere noi tutti dalla presenza dello Scorzamauriello, che non sapeva neanche cosa o chi fosse.
Il giorno seguente, dopo un breve confabulare, decidemmo di affrontare la situazione e chiedere spiegazioni alla mamma. Così facemmo. Alle nostre domande, sulle prime lei negò di aver detto niente del genere, poi disse di aver scherzato e infine…si sedette, chiedendoci di fare altrettanto. Prese le nostre mani tra le sue… e ci chiese un giuramento. Non una promessa, ma un solenne giuramento!
Sentiva il bisogno di confidarsi con qualcuno, era evidente, e poteva farlo solo con noi perché abitavamo nella stessa casa, da dove non sarebbe potuta né dovuta uscire una notizia del genere.
Investiti di tale fiducia e responsabilità, ascoltammo ad occhi sbarrati ed orecchie tese quanto ci raccontò nostra madre, con un tono di voce sussurrato, per paura che qualcuno potesse sentire: “In questa casa c’è lo Scorzamauriello”, disse. “Lui è un folletto magico, invisibile, molto dispettoso. Non è cattivo. Se prende a benvolere gli abitanti della casa fa loro del bene, mentre fa dei dispetti se parlano di lui in giro, oppure lo deridono o dimostrano di essere cattivi o malvagi. E’ piccolissimo, vestito da monachicco, con un berretto rosso cui tiene moltissimo. Può aiutare, facendo trovare piena la dispensa o addirittura delle monete d’oro, ma può anche rendere la vita impossibile nascondendo oggetti, rovesciando le cose, tirando via le coperte mentre si dorme, facendo il solletico sotto i piedi, spaventando e quant’altro… Vi prego, bambini, giuratemi di non parlarne con nessuno e di non deriderlo mai. Trattatelo come un amico, seppure invisibile!”
Giurammo solennemente di mantenere il segreto e di comportarci bene. Da quel giorno, però, la nostra vita cambiò.
Quando restavamo soli in casa, finivamo sotto il letto o sotto il tavolo ad ogni minimo rumore: io per paura, mio fratello perchè sperava che lo Scorzamauriello si materializzasse per poterlo vedere e perchè aveva deciso, contro il giuramento, di rubargli il prezioso berretto. Non l’avesse mai fatto: il folletto si sentì sfidato (lui lo aveva sentito mentre me lo confidava), e per mio fratello incominciarono i guai. Prima cadde dalle scale ( disse di aver sentito chiaramente qualcuno che lo aveva spinto), poi dovette rinunciare a sonni tranquilli perchè sentiva spesso solletico sotto i piedi, e infine cadde dalla sedia… in modo davvero inspiegabile.
Una notte sentimmo suonare alla porta. La mamma corse al balcone per vedere chi fosse (non c’era spioncino alla porta). “E’ vostro padre”, gridò di gioia. “E’ tornato!” Aperta la porta, però, restò di stucco: non c’era nessuno. Uno scherzo, o un brutto dispetto, in seguito al quale, però, mio padre fu sollecitato a tornare a casa,
Dopo poco tempo, lasciammo quella casa ed anche il nostro paese per circa un anno.
Quel che successe poi, ve lo racconterò, ma quella…sarà un’altra storia!
Lina Rizzo (dal libro Pensieri e parole)