QUARANTASEIESIMO APPUNTAMENTO CON LA RASSEGNA LETTERARIA SUL “DE REBUS SICULIS CARMEN AD HONOREM AUGUSTI”
Cultura Eboli Salerno e Provincia

QUARANTASEIESIMO APPUNTAMENTO CON LA RASSEGNA LETTERARIA SUL “DE REBUS SICULIS CARMEN AD HONOREM AUGUSTI”

di Vittorio Campagna

Tutto è compiuto. L’imperatore è entrato trionfalmente in Palermo, capitale del regno; mentre l’ex regina Sibilla si è chiusa nel suo castello e piange se stessa e sulle sue disgrazie, come detta la Particola XL: <<Sibille questus>> (“Il pianto di Sibilla”).

La casa sveva cresce, quella degli Altavilla diminuisce fino a scomparire. La successione dinastica normanno-sveva sul regno di Sicilia è compiuta. È il 25 dicembre del 1194, Guglielmo III all’età di nove anni perde il regno a favore di Enrico VI. Sibilla prega i santi Apostoli, Pietro e Paolo, perché la salvino dai prossimi funesti eventi. Accusa soprattutto il defunto marito delle sue disgrazie: <<Colligit in meritum periuria multa mariti et cedes hominum nequicieque genus>> (“Ripensa, a sua discolpa, i molti spergiuri del marito e le stragi degli uomini ed ogni sorta di nefandezza”) (vv.1265-1266).

Rimpiange di non essere rimasta contessa di Lecce e conservato la vita del marito e della prole; invece, ora, assiste all’onore usurpato: <<Ut nova furtivus bruma liquescit honor>> (“Come bruma (neve?) recente si discioglie l’onore usurpato”) (v. 1276). Inveisce contro tutti. Contro il deceduto cancelliere Matteo d’Aiello causa prima del dramma: <<Ardeat in medio vicecancellarius orco, qui fuit excicii sedula causa mei>> (“Arda dentro l’inferno il vicecancelliere, che fu la causa principale della mia rovina.”) (vv.1277-1278).

Accusa anche il re d’Inghilterra, Riccardo Cuor di Leone: <<Ei michi, quid prodest, quod rex tolit Anglicus aurum>> (“A che giova l’oro che portò via l’anglico re”) (v.1281), il quale pur ricevendo molto oro da Tancredi perché lo sostenesse contro Enrico VI, si defilò.

Inoltre, inveisce anche contro il papa Celestino III <<Ei michi, nec tutum est romane credere puppi>> (“Ahimè! Nient’affatto sicuro è l’affidarsi alla nave di Roma) (v.1289) per non aver incornato personalmente Tancredi re di Sicilia, pur approvando l’investitura, e di aver preteso che fosse liberata Costanza contro eventuali ritorsioni sveve; permettendo, invece, all’imperatrice di raggiungere il marito in Germania.

Infine, non potendo contare su nessuno, né tantomeno su Riccardo d’Acerra, catturato da Diopoldo e fatto morire con molte torture (RICCARDO DA SAN GERMANO, Ciolfi, anno 1197, pp.49,51), decise di umiliarsi al cospetto dell’imperatore; perché chi era dato per morto, era ben vivo e regnante.

Purtroppo, per l’ex regina e la sua famiglia, le tribolazioni non finiscono con la sottomissione al nuovo Re; altre atrocità l’attendono.

N.B. La traduzione dal latino del prof. Carlo Manzione, è offerta per gentile concessione dell’ Ass. ne Culturale “Ebolus dulce solum, Storia e Arte al servizio della Cultura“; mentre, l’articolo è tratto dal libro dell’autore, Vittorio Campagna: <<Pietro da Eboli, Vate latino della letteratura italiana>>, de “L’Aurore edizioni”, Torchiara 2018.