di Vittorio Campagna
Giugno, 1194. È giunto il giorno! Enrico VI è giunto in Italia ed è già prossimo a Salerno, essendo in atto l’assedio alla città di “Nuceria”, alleata di Salerno e di fede tancredina.
Pertanto, è appropriato che il poeta porti rispetto alla città di Principato, cui è legato professionalmente, con un discorso d’avvertimento e di ammonimento per Salerno, come titola la Particola XXXVII: <<Loquutio archilevite ad cives Salerni>> (“Discorso dell’Archilevita ai cittadini di Salerno”), fatto pronunciare dal più stimato salernitano del tempo, e quindi il più credibile ai salernitani. Purtroppo, con scarso risultato.
In questo frangente, dunque, giunge a Salerno il saggio Arcidiacono concittadino Aldrisio, sostenitore fedele della causa Sveva, con Filippo Guarna, fratello del deceduto Arcivescovo di Salerno, Romualdo. Aldrisio; è quello che ha guidato la delegazione salernitana presso l’imperatore sotto le mura di Napoli (1191) quando lo stesso Enrico VI accettò l’invito dei salernitani di accogliere in città Costanza sua moglie (cfr. part. XI, XVI-XVII). L’Arcidiacono, e forse anche Filippo, seguì l’imperatore in Germania come ostaggio, e ora con l’imperatore è tornato in Italia e prova a mettere in guardia i suoi concittadini dalla vendetta dello svevo.
Tenta di persuadere i Salernitani a sottomettersi all’imperatore che è alle porte della città perché, dice: <<Peccastis graviter; peccatum noscite vestrum, nam mens fessa sibi grande relaxat honus>> (“Gravemente peccaste; riconoscete la vostra colpa, giacché si libera di un grande peso un cuore che ha confessato”) (vv.1159-1160). Infatti, non è stato un “peccato” su cui si può passare sopra con facilità; e aggiunge: <<Mittite de vestris, qui dicant: ‘Reddimus urbem, subiacet imperio phisica terra tuo>> (“Mandate qualcuno dei vostri a dirgli: ‘Ti restituiamo la città al tuo imperio la terra della medicina si sottomette”) (vv.1163-1164). L’appello, purtroppo è caduto nel vuoto.
I salernitani rinunciarono ad arrendersi non inviando nessuna delegazione all’incontro di Enrico VI. La città, infatti, come ricorda Riccardo da San Germano: <<Poiché gli resisteva, la prese con la forza e la diede ai suoi affinché la saccheggiassero e la depredassero>> (F. Ciolfi, anno 1194, pag.45).
Il discorso di Aldrisio ai Salernitani non è riportato in nessun documento. Potrebbe essere ancora una volta una forma poetica di Pietro per evidenziare ed esaltare la magnanimità e la clemenza dell’Imperatore, capace di perdonare anche i più grandi reati se c’è pentimento. Comunque non si può escludere che l’arringa sia stata pronunciata, vista l’attinenza del discorso ai fatti storici.
Con questa particola ha inizio la fine del casato normanno sul Regno di Sicilia. Stiamo nel 1194.
N.B. La traduzione dal latino del prof. Carlo Manzione, è offerta per gentile concessione dell’ Ass. ne Culturale “Ebolus dulce solum, Storia e Arte al servizio della Cultura“; mentre, l’articolo è tratto dal libro dell’autore, Vittorio Campagna: <<Pietro da Eboli, Vate latino della letteratura italiana>>, de “L’Aurore edizioni”, Torchiara 2018.
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