di Vittorio Campagna
Il poeta lascia che Costanza sia condotta a Napoli per passare a descrivere la vera personalità di Matteo d’Aiello, secondo il suo punto di vista, dell’attore principale dai mali che colpiscono il regno impedendo che il diritto legale circa la “regalità” abbia il sopravvento. Sono violente ingiurie che piovono sulla persona del cancelliere, presa in odio dal poeta, e racchiuse quasi tutte nella presente Particola XXXII: <<Scelera bigami>>: “I delitti del bigamo”.
Pietro non è solo un narratore di parte; ma, contrariamente a quanto si afferma, è anche un poeta fra i più servili che la storia della poesia conosca. Un poeta pur di parte, non può diffamare e calunniare con eccessiva blasfemia i nemici del suo partito. Non può dipingere il più alto magistrato del regno “bigamo”, “infanticida”, “corrotto”, “illegale”, “giuda”, “rifugiato tunisino”, quando non è niente di tutto questo; colpevole di difendere la dinastia che ha fondato il “Regno di Sicilia”.
Pietro enumera tutte le nefandezze di cui si è macchiato Matteo. Inizia con l’immoralità personale che lo fa appartenere per degenerazione morale alla pestifera genia di Sodoma e Gomorra: <<O sodomia lues, o Gomorrea propago, vixeris urbanis morsque ruina tuis>> (“O peste di Sodoma, o stirpe di Gomorra, per la tua gente sarai luogo di morte e rovina”) (vv.969-970); facendo, inoltre, ritenere i suoi natali a Cartagine <<Nam Cartago tuos diruta misit avos>> (“Infatti Cartagine distrutta mandò qui i tuoi avi”) (v.976) e solo successivamente la sua famiglia sarebbe venuta in Sicilia. Come Magistrato sarebbe ingiusto anche verso le vedove <<Iusticiam viduis non ere, negasti>> (“Non vedendo danaro, negasti giustizia alle vedove”.) (v.985). Poi, deplora anche la Chiesa di Roma e il Papa per aver accolto un bigamo:<<Te sinus Ecclesie contra decreta recepit: peccati bigamum non decet ara Dei. Te prece vel precio, sanctissime papa, fefelit>> (“Contro le leggi ti accolse nel suo grembo la Chiesa: non si addice l’altare di Dio al peccatore di bigamia. Anche a te, o Santissimo Papa, con preghiera o con danaro ingannò”) (vv.989-991).
L’ira dell’Ebolitano, comunque, è rivolta verso la Chiesa di Roma per un altro motivo: perché papa Celestino III aveva approvato l’elezione di Tancredi a re di Sicilia. Aggiunge poi la ferocia in alcuni suoi comportamenti, come curarsi la gotta immergendo i piedi nel sangue caldo di bambini sgozzati
personalmente: <<Humano tepuit sagine gutta pedum>> (“Con sangue umano gli fu placata la sua podara”) (v.996). Infine, ricorda la sorte che toccherà a Salerno per il suo doppio tradimento pur legato a Matteo d’Aiello e a suo figlio Niccolò, Arcivescovo di Salerno quando afferma: <<Urs ita Lernina tibi credens, false sacerdos, mortis in obprobrium per tua facta ruet>> (“Così la città di Salerno affidandosi a te, falso sacerdote, sprofonderà nella vergogna della fine a causa dei tuoi crimini>”) (vv.999-1000). L’ebolitano era convinto che Enrico VI appena si fosse ripreso, sarebbe sceso in Italia e avrebbe punito Salerno, città di cospiratori e sede arcivescovile di Niccolò d’Aiello, figlio di Matteo. Chiaramente, il massimo disprezzo di Pietro per il cancelliere è dovuto al fatto di essere un poeta di parte per convinzione, per scelta partitica come tanti altri del regno; anche se lo stillicidio nella sua poetica lo allontana dalla poesia celebrativa classica, la quale mirava soprattutto a esaltare le virtù del proprio eroe senza mortificare e calunniare il nemico; anzi, spesso il nemico era esaltato al pari dell’eroe per esaltarne di più il valore del successo; un pugile “suonato” non porta gloria al vincitore, come invece può un avversario ritenuto forte e astuto. L’opera elogiativa di Pietro è da ritenersi propria del tempo perché sfugge a ogni regola del passato.
N.B. La traduzione dal latino del prof. Carlo Manzione, è offerta per gentile concessione dell’ Ass. ne Culturale “Ebolus dulce solum, Storia e Arte al servizio della Cultura“; mentre, l’articolo è tratto dal libro dell’autore, Vittorio Campagna: <<Pietro da Eboli, Vate latino della letteratura italiana>>, de “L’Aurore edizioni”, Torchiara 2018.