Di Vittorio Campagna
Nella tarda serata di ieri, 19/01/2021 il presidente Conte ha ottenuto la fiducia al Senato con la maggioranza “relativa” o “normale”: 156 SI, 140 NO, 16 astenuti; cinque voti in meno rispetto alla maggioranza “assoluta”, la cui asticella era posta a 161. Per Conte e i partiti di maggioranza, che hanno votato tutti per la “fiducia” con i senatori a vita: Monti e la Segre, era importante superare la soglia minima di 149. I voti necessari, che non erano nelle attese, sono giunti da due forzisti, Maria Rosaria Rossi e Andrea Causin, i quali sono stati subito espulsi dal patito degli “Azzurri”: altri due voti sono giunti da un ex M5S, Ciampolillo, e da Nencini, del PSI.
La scissione dalla maggioranza del partito di Renzi (“Italia viva”) non ha sortito l’effetto sperato; cioè, quello del voto anticipato, col rischio di scaraventare l’Italia in una crisi senza precedenti in piena pandemia; ora, gli italiani, la gran parte, che non hanno apprezzato l’operato di Renzi, possono respirare almeno fino alla vittoria sulla pandemia, che speriamo avvenga entro l’anno.
Certamente, codesto governo non è la migliore espressione delle politiche sociali attuali; ma neanche la peggiore, poiché l’Italia è riuscita meglio di altre nazioni a tenere a bada la pandemia, dopo il periodo cruciale (per tutti) iniziale; ma soprattutto, grazie a Conte,il quale ha ottenuto dall’Europa 210 miliardi di recovery fund che ora tutti vogliono gestire, forzando la mano persino a una crisi di governo, buttando all’ortica tutti gli sforzi fatti in questa direzione. Ancora oggi siamo i primi nelle vaccinazioni. Qualcosa ha funzionato e funziona ancora, seppur non tutto.
Seguendo la diretta televisiva, più volte, i parlamentari della Destra, specie la Meloni, mettevano in risalto che questa maggioranza avesse il timore del voto anticipato per tenersi la solita “poltrona”, e soprattutto per la paura di un aumento del contagio durante il voto, trasmettendo un’errata idea sul voto anticipato medesimo. Il problema non è se le fila per il voto creino un aumento del contagio o meno, ma le problematiche che il voto anticipato avrebbe comportato; cioè, cinque mesi di stallo tra:
- Campagna elettorale per circa due mesi e votazioni.
- Distribuzione degli incarichi.
- Presa visione dei lavori di ogni dicastero del precedente governo.
- Tutte le altre problematiche che comportano il cambio di una gestione in una governance.
Pertanto, non è il timore della fila in se per il voto, ma la vacanza di governo, diretta e indiretta, per almeno cinque mesi in cui sarebbe caduta l’Italia, fa paura; con gravi danni sull’economia e sulla salute.
Le scadenze economiche, la pandemia galoppante, i vaccini da curare, ecc. sono problemi che non possono subire arresti di gestione; due giorni di voto non rappresentano niente, proprio come non ha condizionato la nostra vita l’unico giorno di voto del referendum scorso, perché è finito lì, qualunque sarebbe stato l’esito. Altro, invece, è un voto per le politiche che interrompe una continuità governativa, nel bene o nel male, per introdurne un’altra ancora da verificare.
I tre partiti di Destra chiedano il voto, che è nel loro diritto, a fine pandemia; ma nel frattempo sostengano l’attuale governo anche con le loro idee. Il Premier Conte non è sordo ai buoni suggerimenti, da qualunque fronte pervengano; ma una crisi al buio avrebbe spinto il Paese nel baratro. Oggi abbiamo bisogno di buon senso, non di rotture irrimediabili.
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