“PROFILO DI AUTORI ILLUSTRI”: DI MARIAGRAZIA TOSCANO
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“PROFILO DI AUTORI ILLUSTRI”: DI MARIAGRAZIA TOSCANO

Legati al territorio, o perché vi sono nati o giunti per viaggio o lavoro. Impossibile delinearli tutti ed è difficile pure fare una cernita in questa sede. Mi limito ad illustrare brevemente alcuni personaggi degni di nota e chiedo scusa se di altri, degnissimi peraltro di menzione e ricordo, non cito il nome. La loro presenza qui nel Salento è stata occasione di fertili incontri con altri autori e le loro occasioni, i loro scambi di contatti e discussioni hanno prodotto una certa conoscenza di questa provincia e grazie alla loro sensibilità artistica, profonda cultura ed impegno civile, sono stati in grado di realizzare un arazzo fantastico che disegna la Penisola Salentina, terra generosa che ha favorito incontri, scambi, passioni ed amori.

Quinto Ennio, poeta e soldato romano, nato a Rudiae il 239 a.C., morì a Roma il 169 a.C.

Porcio Catone lo condusse dalla Sardegna a Roma e qui ebbe modo di conoscere Scipione l’Africano col quale entrò in dimestichezza. Scrisse gli Annales, un poema che celebrava la potenza e la grandezza di Roma.

Bonifacio IX

Il 2 novembre del 1839 ebbe la tiara pontificia Pietro Tomacelli, che prese il nome di Bonifacio IX. Il suo pontificato ebbe momenti tristi e difficilissimi, la Chiesa era travagliata dallo scisma religioso che opponeva al papa legittimo un antipapa. Mentre egli veniva eletto Pontefice in Roma, infatti, ad Avignone sedeva l’antipapa Clemente VII.

Bonifacio IX era nato a Casaranello, un’antica borgata oggi scomparsa, presso Casarano.

Il Galateo

Antonio De Ferrariis, detto il Galateo, nacque a Galatone nel 1444 (secondo nuove documentazioni venute alla luce, pare che la sua data di nascita sia da spostarsi al 1448). E’ la figura tipica dell’uomo dotto del Rinascimento, dall’ingegno versatile e dalla vasta e armoniosa cultura. Visse, infatti, dandosi alle più diverse attività intellettuali: fu geografo, cosmografo, astronomo, medico, filosofo, pedagogo, linguista.

Restano celebri i suoi scritti di carattere geografico De situ Japygiae e Descriptio urbis Callipolis.

Visse molti anni alla corte napoletana degli Aragonesi, nelle funzioni di medico e precettore.

Scipione Ammirato

Nacque in Lecce nel 1531 da nobile famiglia fiorentina, a Firenze svolse gran parte della sua attività letteraria e qui morì nel 1601.

Fu storico e politico, conobbe gli esponenti più illustri della letteratura cinquecentesca, come Pietro Bembo, Monsignore Della Casa, Annibal Caro; fu nella stima di Pietro Aretino di Sperone Speroni e Benedetto Varchi.

Non dimenticò mai la sua città natìa: a Lecce, infatti, diede vita all’Accademia dei Trasformati, che ricostituì, poi, in Firenze quando i Medici, in compenso delle sue Istorie fiorentine, gli offrirono un canonicato nella Basilica di S. Maria del Fiore.

Peregrino Scardino

Fu arciprete a San Cesario di Lecce della parrocchia Madonna delle Grazie e fu versato nelle lettere greche e latine. E’ una figura poco nota nella schiera dei letterati salentini durante il tardo Rinascimento.

L’opera, “ Discorso intorno l’antichità – et sito della fedelissima Città di Lecce”, lo Scardino mandò alle stampe nel marzo 1607, dedicandola al Sindaco di Lecce, Leonardo Prato, secondo il costume tipico dell’epoca.

Risulta essere sepolto nell’antica Chiesa della Madonna delle Grazie, in data 24 Agosto 1616 e sarebbe nato intorno al 1560.

L’Abate Giovanni Battista Pacichelli (1641 – 1695)

Nasce a Roma nel 1641 da una famiglia di Pistoia distintasi per fatti d’arme e  benemerenze ecclesiastiche. Da Roma egli si trasferisce, in età assai giovane, a Pisa per seguire gli studi giuridici e addottorarsi in Diritto Civile e Canonico.

Successivamente tornato a Roma consegue la laurea in teologia.

La sua intraprendenza e conoscenza del Diritto Civile e Canonico gli consentì numerosi incarichi istituzionali ed ecclesiastici e di conseguenza frequenti viaggi in Italia ed in tutta Europa.

Giurista, teologo, epistolografo e scrittore, Giov. Battista Pacichelli versatile e colto, annotava tutto; pubblicando poi nel 1685 i cinque volumi delle “Memorie di viaggi” (1) per l’Europa Cristiana”, ( la lista dei destinatari rivela l’arco di conoscenze e la gamma dei rapporti intrattenuti dal nostro Abate). In seguito la sua attenzione era volta all’Opera che gli avrebbe dato la maggiore fama (“Il Regno di Napoli in prospettiva”, (2) che egli aveva consegnato agli Editori già nel 1692, ma che venne pubblicata dopo la sua morte avvenuta a Roma nei primi mesi del 1695.

L’opera “Il Regno di Napoli in prospettiva” si sviluppa sullo schema della struttura politico-amministrativa del Regno: la capitale, Napoli, le dodici Province, le centoquarantotto Città, oltre gli insediamenti demici minori, chiamate terre, casali, ecc…

Ogni realtà circoscrizionale viene illustrata sotto il profilo delle vicende storiche e della posizione geografica (Formazione del Regno, origine della Città, natura del territorio, ecc..), delle Istituzioni (Uffici centrali e periferici dell’Amministrazione Statale, Giurisdizione Civile ed Ecclesiastica, ecc..), delle “antichità”, delle testimonianze artistiche, della composizione demografica, della capacità contributiva, della articolazione sociale ecc..

La Puglia, intesa nell’attuale realtà regionale, corrisponde nell’Opera del Pacichelli alle province: settima, ottava e dodicesima del regno.

La settima (<< Della Japigia o Terra d’Otranto>>) comprendeva i territori delle tre sedi Metropolitane ecclesiastiche, di OTRANTO (3), BRINDISI (4) e TARANTO (5) con dieci Vescovadi: (ALESSANO, CASTELLANETA, CASTRO, GALLIPOLI (6), LECCE, MOTTOLA, NARDO’, OSTUNI, ORIA, UGENTO) e centosettanta fra torri e casali. I disegni della città e terre dichiarava egli,   con lettera indirizzata allo stampatore Michele Luigi Mutio in Napoli, in data 1° Settembre 1691, (7) riferiva << sua è la cura di promuovere i disegni delle Città e Terre e farli scolpir nel rame>>.

Da considerarsi per ciò notevole il valore cartografico del corredo che illustra l’Opera dell’Abate Pacichelli, <<Il Regno di Napoli in prospettiva>>.

Egli fa riferimento all’Atlante “L’Italia” di Giov. Antonio Magini (1556 – 1617), celebre geografo ed astronomo padovano, il cui testo contiene incisioni di tal F. Cassianus De Silva, spagnolo residente a Napoli.

Note:

1 Memorie dei Viaggi = Memorie dei viaggi per la Europa Cristiana scritte a diversi occasioni dè suo Ministeri, in Napoli, per li Soci Parrino e Mutij, Napoli nella Regia Stampa, 1685. A spese di Giacomo Raillard, tt. 1. –V

2 Il regno di Napoli in prospettiva – diviso in dodici province, in cui si descrivono la sua Metropoli Fidelissima Città di Napoli, e le cose più notabili, e curiose e doni così di natura, come d’arte di essa: e le sue centoquarantotto Città, e tutte quelle terre, delle quali se ne sono havute le notizie: con le loro diligentemente scolpite in Rame, conforme si ritrovano al presente, oltre il Regno intiero, e le dodici Provincie distinte in Carte Geografiche, con le loro Origini, Antichità, Arcivescovati, Vescovati, Chiese, Collegi, Momisteri, Ospidali, Edifici famosi Palazzi, Castelli, Fortezze, Laghi, Fiumi, Monti, Vettovaglie, Nobiltà, Huormini Illustri in Lettere, Armi e Sanità, Corpi e Relique dè Santi, e tutto ciò, che di più caro, e pretioso si ritrova, coll’ultima numerazione dei Fuochi e Regii pagamenti: con la memoria di tutti i suoi Regnanti della Declinatione dell’Impero Romano, e di tutti quei Signori che l’han governato con i nomi dei Pontefici e Cardinal, che sono nati in esso; Catalogo dè Sette Officii del Regno, e serie de Successori, e di tutti i Titolati di esso, col reassunto delle Leggi, Costituzioni, e Prammatiche, sotto le quali si governa.

3 Otranto – Nel 1691,

Il Pacichelli riconfermava tali impressioni. La vedeva “una città picciola”, che non conteneva più di “tremila anime”. Ma che era comunque “la metropoli di una particolare provincia, chiamata appunto Terra d’Otranto nella quale risiede l’Arcivescovo successore à discepoli di S. Pietro Apostolo, che ha cinque suffraganei. C’è il Regio Governatore… (e c’è) un Console Veneto, che corrisponde con Barletta e con cinque altre città marittime, raccogliendo le nuove da levante, che trasmette al Ministro della repubblica in Napoli, e quelli le spedisce in sua diligenza al Principe”. Insufficienti erano però le condizioni economiche della Città, dovendo lottare Otranto con porti Salentini più attrezzati e più attivi.

4 Brindisi – Memorie dè Viaggi Testimonianze dello stato di vita di Brindisi venivano annotate e scritte nei suoi diari, le quali osservano lo squallore della Città e le sofferenze della popolazione vittima di negative vicissitudini. Le frequenti carestie ed epidemie incisero negativamente, come ben si comprende, sul cammino storico della Città. A danno della crescita economica. Solo il rapporto con Venezia e le altre città di mare le garantirono un minimo di sopravvivenza. Giov. B. Pacichelli poneva più attenzione al Porto, e riportava una nota positiva: “meglio per tal riguardo di fortificazione e considerabile alcune miglior più altre, il lido del Mare di Brindisi, col suo doppio e importante Castello, cioè tre miglia in circa delle acque, dove si chiama il Forte, di vasto giro come l’habitazione, con gli opportuni ripari, e meglio disposti in tutto il Reame, e ben presidiato: l’altro nel continente, chiamato il Castel di Terra. Stimasi ancora il suo Porto per la sicurezza”. Ma nella Stessa lettera del Salento, diretta al Vicerè Napoletano, appuntava pure qualche nota negativa: ella (Città) però è diminuita in sommo dal concetto antico, che godea dei Romani, i quali l’ebbero per uno dei luoghi delle loro delizie.

5 Taranto – Lettera LXXXIV.

Memorie dè Viaggi, IV. Pag.360.

In uno dei suoi viaggi in terra d’Otranto, giunto a Taranto:descrive: “ Non è già favoloso l’effetto delle morsicature del picciol animale in quella città, e contorno, chiamato tarantella, simile ad una grossa mosca, verde, e rossa di sopra che punge insensibilmente la state, obbligando a ballar al sole in quell’area, del violino, o altro instrumento, ad udir le trombe, veder gli specchi, le fettucce, o altri oggetti allegri, fin che viva lo stesso animaletto, si come in se stesso ne ho veduto più volte i segni, in altrui che si chiamano gli Attarantati: ben che non se lo persuada Gio: Teutonico della Opera Dè più Rari Costumi dè Popoli mentre ne cerca le cagioni, e le difende il P. Attanasio Kiecherio nel suo trattato della Calamita>>. I disegni a stampa del seicento e parte del settecento sviluppano su la carta quello che poteva considerarsi piuttosto “ il sogno di una città – fortificata con la messa in evidenza della solita Torre, che sembrava unire l’isola e i due porti con vaghi abbozzi di navi sulla fonda. Uno di questi disegni, che fa testo come quelli di altre città portuali Salentine, fu compilato dal Pacichelli sul finire del XVI secolo  e che rimane emblematico di questo “sognare una città diversa”.

6 Gallipoli

Memorie dè viaggi –

Il Pacichelli, in una lettera al Vicerè, considerava Gallipoli “città regia” collocata in “un sito regale” e alto. E nel tempo in cui la feluca lo portava lungo le coste, stendeva questa nota: convenendo formare il giro a secondo del mare per far via dallo Jonio nell’Adriatico, volgarmente detto Golfo di Venezia, si vede Gallipoli, città regia con importante fortezza, fertile di olio, vino, zafferano, e meloni di pane”…

Se si osserva il disegno storico della Gallipoli del Pacichelli, vediamo che il porto nel XVII secolo circondava a metà l’isola – città, nella parte orientale, e il ponte costruito nel 1607 sembrava voler separare deliberatamente i due settori di utilizzo del Porto ad Arco, nord e sud. Il primo, permetteva operazioni di ormeggio dei vascelli commerciali stranieri di medio tonnellaggio, dato il fondale che ne permetteva l’ancoraggio. Mentre “il porto di scirocco” verso sud era (ed è) soprattutto adibito a piccole imbarcazioni da pesca e diporto.

7 Da “Lettere famigliari”, 1 pp. 188 – 189 – Lettera del 1 Settembre 1691 a Michele Luigi Mutio.

Liborio Romano

Avvocato e patriota, nacque a Patù nel 1798 e morì nel 1867.

E’ forse il più nobile patriota e attivo uomo politico che la Terra d’Otranto abbia offerto all’Italia nella sua epopea risorgimentale. Giovanissimo, si addottorò in giurisprudenza a Napoli e qui ottenne (ad appena 21 anni), la cattedra di diritto civile e commerciale.

Prese parte alle lotte contro i Borboni e dal 1820 si riversarono su di lui una serie di provvedimenti (il carcere, le confische) che terminarono addirittura con il divieto di esercitare l’avvocatura e l’insegnamento.

Conobbe anche l’esilio, in Patù e poi a Montpellier, per essere stato membro della società carbonara degli Ellenisti.

S ‘interessò dei problemi del Meridione e fu deputato della nuova Italia unita.

A Patù scrisse le sue Memorie politiche, e visse i suoi ultimi giorni nella quiete della sua terra.

Pietro Siciliani

Nacque nel 1835 a Galatina e morì a Firenze cinquant’anni dopo. Fu filosofo e pedagogista e cominciò il suo insegnamento a Firenze.

Insegnò all’Università di Bologna e si interessò della filosofia positivistica del tempo, tentando anche una critica.

In Pedagogia fu il primo ad avanzare i concetti fondamentali dell’autodidattica.

L’Istituto Magistrale di Lecce è a lui intitolato.

“Voyage pittoresque ou Description des Royaumes de Naples et de Sicilie” dell’Abate di Saint-Non, pittore, incisore, letterato di grande spirito ed editore famoso che con un gruppo di artisti e collaboratori, verso la metà del settecento, si mette in marcia alla scoperta del Mezzogiorno peninsulare ed elabora in un volume la grande opera su citata e pubblicata a Parigi negli anni 1781 – 1786. Per il valore documentario delle rappresentazioni grafiche e degli schizzi che compaiono nel volume del Saint-Non, notevole è sempre stato l’interesse degli studiosi.

Ferdinand Gregorovius (1821 -1891) “Passeggiate in Campania e Puglia”, Roma 1966 – Franco Spinosi Editore.

Storico della città di Roma (nel Medioevo), giornalista, autore di romanzi, grande conoscitore dell’Italia e della realtà pugliese; dal tarantolismo al brigantaggio, dalle annotazioni di costume in senso lato, a riflessioni sulla situazione politico – sociale (della Puglia), a pochi anni dall’unificazione nazionale.

Gioacchino Toma

Artista e patriota, nacque a Galatina nel 1836. Non restò indifferente ai movimenti patriottici e pertanto subì il confine, allorchè trovandosi a Napoli, dove lavorava come decoratore, fu coinvolto in una cospirazione antiborbonica.
Partecipò ai moti rivoluzionari del 1859 e subito dopo si arruolò fra i garibaldini. Trascorse la seconda parte della sua vita, dedicandosi allo studio e all’arte, dando vita alle sue opere migliori, tra cui il capolavoro Luisa S. Felice in carcere, uno dei più bei quadri dell’Ottocento italiano.

Maria Brandon Albini, Milano (1904 – 1995), giornalista e scrittrice, pubblicò, in Francia, monografie e inchieste giornalistiche sulle condizioni di vita del Mezzogiorno.

In un suo viaggio in Puglia, raccontò, che fu particolarmente colpita ed affascinata dal Salento, ove meglio si conservavano lo spirito arcaico e le tradizioni. In quell’occasione, ebbe modo di incontrare Tommaso Fiore con il quale ebbe, in seguito, un lungo rapporto epistolare, condividendone punti di vista politici sulla “questione meridionale”.

Le sue traduzioni concorsero a far conoscere in Europa e soprattutto in Francia, autori italiani, tra cui Rocco Scotellaro, Elio Vittorini, Leonardo Sciascia e Carlo Levi.

Di Maria Brandon Albini, a cura di Sergio Torsello, “Viaggio nel Salento”, Edizioni Kurumuny, Calimera (Le), 2010.

Girolamo Comi

(1890 – 1968)

E’ l’esponente di punta della triade poetica salentina del ‘900, che comprende Vittorio Bodini (1914 – 1970) e Vittorio Pagano (1919 – 1979). Nato a Casamassella (Otranto), da famiglia benestante di origine greca, scelse Lucugnano (Lecce) come dimora stabile e ne fu di fatto Il Barone, appellativo con il quale era conosciuto da tutti e da tutti amato.

La sua vocazione fu precoce ed alimentata al fuoco della cultura mitteleuropea. Studente a Losanna, passò quindi a Parigi dove maturò la solida esperienza poetica d’impronta simbolista e spiritualistica che doveva accompagnarlo per tutta l’esistenza.

Ribelle alla disciplina militare durante la tragedia del primo conflitto mondiale, preferì un difficile e travagliato itinerario interiore agli agi che pure la condizione sociale gli consentiva.

Esordì alle stampe giovanissimo con una raccolta di poesie “Il Lampadario” (1912) presso l’editore Frankfurter di Losanna e da allora i suoi libri ed i suoi scritti, non tutti fortunati perché di non facile approccio al grande pubblico, si susseguirono fino ad oltre il 1954, anno in cui gli fu attribuito il prestigioso Premio Chianciano per “Spirito d’Armonia”.

Nel frattempo, aveva fondato “L’Albero” apprezzata rivista letteraria da lui diretta, alla quale aveva affiancato una solitaria attività tipografica che coagulava l’eredità delle edizioni “Al tempo Della Fortuna” vissuta in prima persona a Roma negli anni ’30.

Non si può spiegare questo respiro nazionale di cultura di un territorio ancora in quegli anni periferico senza l’Accademia Salentina, da Comi istituita nel gennaio del ’48 che annovera tra i componenti: Luciano Anceschi, Rosario Assunto, Maria Corti, Ferruccio Ferrazzi, Oreste Macrì, Mario Marti e Vincenzo Ciardo.

Un’esperienza del tutto particolare è quella degli stabilimenti industriali lucugnanesi, in cui egli impegna la sua residua economia nella speranza, risultata purtroppo illusoria, di portare occupazione e benessere in una regione tradizionalmente segnata dalla povertà di risorse e da una concezione pietrificata del mondo contadino.

Salvatore Quasimodo

(1901 – 1968)

Nasce a Siracusa il 20 agosto del 1901 da genitori isolani. Il padre per ragioni di lavoro – Capostazione delle Ferrovie dello Stato – era costretto a continue migrazioni da una zona all’altra della Sicilia e la famiglia con lui visse in questa terra così desolata ed aspra.

A Gela cominciarono i primissimi studi di Salvatore. Nel 1920, Quasimodo s’iscrive all’Università e vive a Roma. Letture accanite di quel tempo furono Dante, Petrarca, Tasso, Platone, Sant’Agostino, Descartes e Spinoza.
Nel 1934 si trasferì a Milano entrando a far parte di un circolo d’intellettuali ( quasi tutti meridionali). I suoi amici intimi erano: Alfonso Gatto, Domenico Cantatore, Cesare Zavattini. Nel 1936 il suo primo incontro con l’editore Giovanni Scheiwiller e nel 1959 ebbe come riconoscimento il Premio Nobel per la Letteratura.

Ernesto De Martino

(1908 – 1965)

Uno dei più grandi etnologi italiani, storico delle religioni, antropologo, studioso del folclore e della religione nelle regioni povere ed emarginate del meridione. Le sue ricerche, il suo interesse per la cultura, si sono tradotti in numerosi saggi, per cui ricordiamo: “Morte e pianto rituale nel popolo antico” (Premio Viareggio 1958); “Sud e Magia” (Premio Crotone 1959). “ La terra del rimorso”  è in senso stretto, la Puglia, in quanto area elettiva del tarantismo, cioè di un fenomeno storico – religioso nato nel Medioevo e protrattosi sino al ‘700 ed oltre, sino agli attuali relitti ancora utilmente osservabili nella Penisola Salentina.

Docente di storia e filosofia unitamente alla moglie, anch’essa docente di storia dell’arte, si trasferirono in Puglia per lavoro.

Vittorio Bodini

(1914 – 1970)

Ha vissuto con odio e amore la sua provincia degradata in quel periodo, dopo la disastrosa e approssimativa unificazione dell’Italia.

Dopo gli studi universitari svolti tra Roma e Firenze divenne punto di riferimento per la cultura spagnola per aver tradotto i classici della letteratura iberica, (la sua traduzione del Don Chisciotte di Cervantes è ancora oggi ritenuta la migliore).

All’attività di traduttore e giornalista affiancò quella di autore di poesie, romanzi e articoli caratterizzati dalla cultura salentina.

Animò il dibattito intellettuale sulla poetica e cultura del Salento attraverso riviste specializzate tra cui “L’esperienza poetica”, da lui fondata e diretta. Ma anche articoli critici e di protesta su giornali locali. (Anche gli intellettuali erano divisi tra nord e sud e nella sua poetica si riscontra costantemente quell’invariabile punto di riferimento per la sua terra di origine).

Maria Corti

(1915 – 2002)

Filologa, teorica della letteratura e narratrice, figura centrale della cultura italiana del Novecento, autrice di racconti e soprattutto di romanzi.

L’ora di tutti (Feltrinelli- Milano 1966), Il ballo dei sapienti (Mondadori – Milano 1966), Il canto delle sirene, (Bompiani – Milano 1989).  Molto intensa la sua attività di pubblicista; ha fondato e diretto alcune delle più prestigiose riviste culturali italiane: “Autografi”, “Strumenti critici”. Ha scritto sulla pagina culturale de “La Repubblica”. Nel 1962 vince il concorso a cattedra si storia della lingua italiana a Lecce, un andare e tornare nel vecchio Salento come ludica scelta del destino.

Nei suoi libri creativi questa terra è presente, apertamente o velatamente, con fedeltà e L’Ora di tutti è il più bel dono che lei poteva fare alla nostra cultura, alle nostre radici; Otranto è, grazie a lei, fra i luoghi mentali del mondo letterario non solo italiano.

Rina Durante

Scrittrice, giornalista e critica letteraria, nata a Melendugno (Lecce) nel 1928, è morta nel 2004 a Lecce, dove ha tenuto corsi di sceneggiatura nell’ambito dell’insegnamento di storia del teatro e dello spettacolo alla facoltà di Beni culturali dell’università salentina. Ironica e sempre attenta ad esprimersi attraverso la concentrazione, manteneva sempre come punto di equilibrio l’asciuttezza della frase breve, agli antipodi dell’enfasi e dell’amplificazione.

L’avevano convinta a raccogliere quei racconti brevissimi, mai più di venti righi, che negli ultimi anni erano apparsi sul Quotidiano di Lecce, per farne un libro. Racconti che spesso apparivano inquietanti aforismi del nostro vivere affannoso, ma che in altre circostanze si ammantavano di quella velata malinconia su cui meditare come il trascorrere del tempo controlli e guidi le nostre emozioni: la colpa, la vergogna, l’attrazione, l’amore, l’amicizia, la passione, la politica, l’impegno. Dopo aver collaborato con la Gazzetta del Mezzogiorno, Quotidiano di Lecce, Brindisi e Taranto, scriveva ultimamente per il Corriere della Sera ed Il Corriere del Mezzogiorno. Ha pubblicato la raccolta poetica “ Il tempo non trascorre invano”, (Bergamo 1951), “Il Tramontana”, (Lecce 1963), “La Malapianta”, (Rizzoli – Milano) 1964, con il quale ha vinto il Premio Salento nel 1965.

Ha condotto ricerche folcloriche ed etnomusicali contribuendo alla riscoperta ed alla rinascita degli studi antropologici di Ernesto De Martino sul tarantismo.

Carmelo Bene (1937 – 2002)

Nasce a Campi Salentina, periferia a Nord di Lecce.

Tutta casa e chiesa la sua infanzia. Parlando di se stesso afferma: “ Dopo aver servito le messe, alle 8, 00 ero già nella scuola degli Scolopi. Cinque ore di aula, (alle medie già leggevo correttamente in latino e greco). La licenza liceale l’ho conseguita con i calzoni alla zuava!”.

Poi, l’università a Roma. Ma la sua inclinazione è il teatro e la recitazione. Da subito ottiene consenso anche dalla critica; il suo esordio con un testo del Premio Nobel, Albert Camus che incontrò a suo modo a Venezia, da istrione qual’era.

Non gli è mai andata a genio la definizione di “artista pugliese”, la detestava. Diceva: “ Non scherziamo, non esiste la Puglia; ci sono le Puglie. Nasco in Terra d’Otranto, nel sud del sud dei santi. Mettere insieme Bari ed Otranto sarebbe come dire che Milano e Roma siano la stessa cosa. Tutta la Terra d’Otranto è fuor di sé. Se ne è andata chissà dove. E’ un rosso stupendo la Terra d’Otranto. Più bello del rosso di Siena o di altre terre consimili. Lo usano molti pittori per la tempera!”.

Amico dei maggiori intellettuali a lui contemporanei, tra cui Pasolini e Montale, realizzò opere con la loro partecipazione. Con Vittorio Bodini recitò nel suo Don Giovanni ed ebbe non pochi e sorprendenti punti di contatto nella discussione sull’essenza del Barocco nella cultura leccese.

In “ Sono apparso alla Madonna”, emerge la cultura locale, fatta di profonda religiosità, tema costante della sua prima educazione.

Elena Tronci

Ha esordito sin da giovane con poesia e prosa. Insegnante, laureata in pedagogia e diplomata in Vigilanza Scolastica presso l’Università di Lecce, s’interessa di studi storici su Otranto, di problemi pedagogici e critiche artistico – letterarie.

E’ stata giornalista e corrispondente di vari quotidiani locali e nazionali, nonché collaboratrice di varie riviste. Ha avuto riconoscimenti e premi di poesia ed ha ottenuto diverse segnalazioni di onore in concorsi letterari ed è stata, inoltre, benemerita dell’Accademia di Paestum.

Vittore Fiore (1920 – 1999)

Figlio di Tommaso, nasce a Gallipoli (Lecce) ed è stato un poeta, difensore della gente del sud, di quel meridione meno abbiente dopo l’unità d’Italia che asseriva: “ Deve imparare ad essere consapevole del proprio valore, a sentirsi orgoglioso di essere meridionale per le cose buone di cui è capace. Sin da giovane, iniziò unitamente al padre Tommaso la sua lotta contro il fascismo, subendone il confino e l’incarcerazione a seguito dei drammatici giorni del luglio 1943.

La lirica più rappresentativa della poetica di Fiore è la seguente: “Ero nato sui mari del tonno, scrigno di ricordi suggestivi dei luoghi d’infanzia, trascorsa a Gallipoli.

Fu amico di Elio Vittorini, Gaetano Salvemini, Vittorio Bodini, Rina Durante, Oreste Macrì e di molti altri intellettuali che in Puglia vivevano e che come lui donarono generosamente le loro energie a difesa di quel meridione meno fortunato.

Bruno Epifani

E’ nato a Novoli (Lecce) nel 1936.

Si è sempre interessato della letteratura contemporanea, in particolare, si è impegnato nello studio di poeti quali: Quasimodo, Gatto e Bodini. Si è laureato con una tesi su Tommaso Fiore. Autore, in vita, di un solo volume, “Epistolario Salentino” (Lecce 1957, Editrice “L’Orsa Maggiore”) e di un volume postumo “ Una terra d’origine” (Caprarica di Lecce, 1986, Pensionante de’ Saraceni), si è voluto sperimentare anche con la narrativa scrivendo alcuni racconti.

Combattuto tra l’amore passionale per la sua terra, il dolore di vederla malridotta, la rabbia per la sorte della sua gente e l’anelito a conoscere altri luoghi, ha provato l’insegnamento all’estero, primo al Cairo, nel 1975 e poi a Barcellona, nel 1978.

E’ morto prematuramente a Roma, nel 1984.

Antonio Verri (Caprarica di Lecce 1949 – 1993)

E’ stato un romanziere, poeta e pubblicista. Fondò e diresse le riviste letterarie “Caffè Greco” (1979 – 1981), “Pensionante dei Saraceni” (1982 – 1986). Protagonista della cultura del suo tempo, ha ascoltato la voce della sua terra salentina, diffondendola e facendola conoscere.

Lecce, Maggio 2017, Mario Epifani