a cura di Anelo Ionta
Sempre più il nostro quotidiano è preso da problemi come inquinamento (dell’aria, terrestre e dei mari); smaltimento dei rifiuti; bizzarria del clima e surriscaldamento della crosta terrestre. Ogni governante, a qualsiasi livello, deve affrontare questi scottanti temi, che affliggono una popolazione mondiale, quella di oggi, di sette miliardi di persone e che cresce vertiginosamente. Infatti, questo aumento è il dato allarmante. Negli ultimi venti anni la popolazione mondiale è cresciuta di due miliardi di persone. Le suddette problematiche sono quindi legate alla crescita esponenziale della popolazione terrestre (ai tempi di Giulio Cesare, circa 2000 anni fa, gli abitanti sulla terra erano appena 120 milioni). Così alimentazione, energia quotidiana, rifiuti prodotti r produzione di energia con emissione di gas serra sono gli argomenti che stanno mandando fuori giri il pianeta Terra. Il restringimento delle calotte polari ad opera del surriscaldamento della superficie terrestre è il dato plastico del problema. Per questo, al momento, l’unica soluzione appare essere il passaggio da un’Economia Lineare a quella Circolare.
L’Economia Lineare è quella fondata sulla produzione di beni e servizi secondo lo schema “estrazione, produzione, utilizzazione e scarto”, quel sistema che appare oggi contribuire in maniera sostanziale alle odierne problematiche mondiali. Occorre quindi passare velocemente ad un modello di economia “circolare”, quella naturale e ciclica, dove la produzione del necessario si sviluppa nel rispetto del pianeta Terra. L’Economia Circolare, infatti, si basa su alcuni principi quali: condivisione, prestito, riutilizzo, riparazione, ricondizionamento e riciclo dei materiali, con prodotti fatti per resistere il più a lungo possibile. In questo modo si allunga il ciclo di vita dei prodotti, contribuendo a ridurre i rifiuti al minimo. Una volta che il prodotto ha terminato la sua funzione, i materiali che lo compongono vengono recuperati e reintrodotti nel ciclo economico.
Così questi vengono continuamente riutilizzati all’interno del ciclo produttivo, generando ulteriore valore. Il sistema, nel rispetto dei principi ispiratori, prevede inoltre largo uso di energia pulita, come quella prodotta dal sole. I dati riferiti a quanto produciamo come scarti sono veramente preoccupanti. Sulla Terra in 70 anni abbiamo creato un “sesto” indesiderabile continente, fatto interamente di plastica: dagli anni ’50 – quando questa è stata introdotta – ben 8,3 miliardi di tonnellate di rifiuti plastici sono stati sversati negli oceani. Ed oltre al danno la beffa, la plastica infatti è sempre di più nella nostra “catena alimentare”, perché ormai quotidianamente ingerita dai pesci. Questa infatti “sfaldandosi” nell’acqua salata assume una forma filamentosa, venendo confusa dai pesci per plancton, loro principale alimento. Solo che questa anziché nutrimento naturale è solo cloro, chimicamente parlando PCB, policlorobifenile, sostanza appunto ricca di atomi di cloro. Questo nuovo plancton è quindi: inquinante, persistente, e velenoso come la diossina, certamente quindi non salutare.
Con questi ritmi nel 2050 avremo nei nostri mari oltre 34 miliardi di tonnellate di rifiuti di plastica (gli stessi mari che producono l’ossigeno necessario alla nostra vita). A questi dobbiamo aggiungere come scarti anche acciaio e cemento, che corrispondono plasticamente a 822mila torri Eiffel, 80 milioni di balene e 1 miliardo di elefanti. Di tutto lo scarto prodotto il 79% si trova depositato in discarica, il 12% è stato bruciato nei termovalorizzatori e solo il 9% è stato riciclato. Questi dati ci dicono che è veramente urgente porre in atto politiche industriali diverse, adottando seri provvedimenti a caratura mondiale. Il sistema economico lineare non regge più, con questo trend la Terra soffre sempre più.