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L’Iran ritorna al nucleare, Trump era già uscito dall’accordo di cinque anni fa
di Erasmo Venosi
Il diritto fondamentale delle persone e dei popoli al riconoscimento della pace è sempre più messo in discussione dagli atteggiamenti irresponsabili di alcuni Stati.
Quattro aree in particolare destano una crescente preoccupazione per il rischio di pericolosi conflitti armati. l’Asia nord-orientale, Medio Oriente, Europa e Nord Africa. Aree dove si è assistito alla messa in discussione di Trattati internazionali.
L’uscita della Corea del Nord dal Trattato di non Proliferazione dal 2003, il ritiro di Trump dall’accordo sul nucleare dell’Iran (JCPOA), il ritiro della Russia e degli Stati Uniti dal Trattato INF, che proibiva l’uso di una vasta varietà di missili oltre alla distruzione proprio di missili installati in Europa. L’accordo sul nucleare iraniano comportò molta fatica e fu raggiunto 5 anni fa e sottoscritto, oltre che dall’Iran, da Cina, Francia, Germania, Regno Unito, Russia, Stati Uniti e Unione Europea. La sostanza dell’accordo era che l’Iran accantonava il programma per realizzare la bomba nucleare e in cambio gli venivano tolte le sanzioni economiche. Denunciamo subito che sia i conservatori USA, che Israele, hanno subito contrastato l’Accordo (JCPOA) e con Trump si è verificato il ritiro USA dall’accordo e aumentato le sanzioni economiche a carico dell’Iran.
Le sanzioni hanno inciso pesantemente sulla economia iraniana tanto che nel 2018 il PIL è calato del 4%, lo scorso anno del 6% (fonte: FMI), la moneta svalutata del 60% e l’inflazione ha raggiunto il 51,4%. Le sanzioni USA hanno colpito l’Iran con la sottrazione dal mercato internazionale di 1,5 milioni di barili al giorno di greggio producendo un danno di 10 miliardi di dollari. Non è nemmeno finita io credo perché l’intenzione di Trump è di eliminare anche il rimanente milione di barili al giorno.
Si comprende come questa politica definita vessatoria dagli iraniani causa grossi problemi al moderato, attuale governo iraniano potenziando nel contempo la presenza dei falchi e lo spirito nazionalista. Sottolineiamo che Trump a febbraio dello scorso anno ha comunicato il ritiro degli Stati Uniti dal Trattato sulle Forze Nucleari Intermedie (INF) che proibiva tutti i missili (balistici e cruise) a corta gittata (tra 500 e 5500 Km) con base a terra schierati dagli USA in Germania, Belgio, Olanda, Gran Bretagna e Italia. A questa dichiarazione la Russia ha replicato di non ritenersi più vincolata al Trattato.
L’INF portò alla distruzione di circa 2700 missili. Ieri l’Iran ha comunicato che riprenderà il programma nucleare e probabilmente questa ripresa non è solo dovuta alle sanzioni e alla uccisione del generale Soleimani ma anche alla incapacità, scelta degli altri firmatari del JCPOA, di intervenire facendo funzionare l’Accordo almeno sotto l’aspetto economico. L’Accordo JCPOA prevedeva fortissimi vincoli all’attività delle centrali nucleari iraniane che producono energia elettrica. Nessun altro paese aveva avuto limitazioni così forti. Altri limiti riguardavano il numero delle centrifughe, che servono per arricchire l’uranio e anche la percentuale di arricchimento. Un altro grande risultato era la trasformazione di un particolare reattore ad Arak per ridurre la produzione di plutonio, oltre che a vietarne il cosiddetto riprocessamento del combustibile nucleare per estrarre il plutonio. Porte aperte agli ispettori della Agenzia internazionale di Vienna per effettuare controlli. Infine dal 2015 l’AEA ha sempre verificato il rispetto da parte dell’Iran dell’Accordo. Da ricordare che Israele e Turchia, come India e Pakistan, sono dotate di bombe nucleari. Quale ipotesi si possono fare sulla dichiarata ripresa iraniana del programma nucleare? Passaggio massiccio all’arricchimento dell’uranio (oltre il 20% che aveva già raggiunto, ma per la bomba ci vuole il 90%). Conservazione di tutto l’uranio prodotto in Iran e ripresa degli studi sul disegno di nuove armi nucleari (a implosione?) .