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*La sicurezza non si proclama,si garantisce. E quando non lo si fa,il silenzio diventa corresponsabilità*
Sono anni che la questione sicurezza nella nostra città fa discutere. Sono anni che si denunciano episodi, si raccolgono segnalazioni, si chiedono risposte. Ma la realtà resta ferma, immobile, e ogni giorno che passa diventa sempre più evidente una verità scomoda: ci stanno prendendo in giro.
Uno degli esempi più gravi e lampanti riguarda il sistema di videosorveglianza pubblica, annunciato più e più volte come simbolo dell’impegno per la sicurezza.
Ce l’hanno raccontato in tutte le salse: telecamere posizionate, impianti installati, sistemi avanzati in arrivo. Hanno fatto comunicati, post, dichiarazioni pubbliche. Hanno chiesto fiducia, facendo passare l’idea che fosse tutto attivo, funzionante, risolutivo.
Ma non è così.
Quel sistema non è operativo. Non funziona.
Le telecamere ci sono, ma sono solo un’immagine, una facciata. Non registrano, non proteggono, non prevengono.
E questo, nel 2025, è semplicemente vergognoso.
In un momento in cui la paura cresce, in cui le persone si sentono insicure perfino nei luoghi più familiari, è gravissimo che si continui a vendere una sicurezza che nei fatti non c’è. È inaccettabile che la cittadinanza venga rassicurata con promesse che non trovano riscontro nella realtà.
Parlo non solo da consigliere comunale, ma anche da persona che ogni giorno svolge un servizio al pubblico, in farmacia, a contatto diretto con chi vive il disagio, la preoccupazione, la rabbia.
La sicurezza non è uno slogan da mettere nei volantini. È un diritto. E se chi amministra continua a ignorarlo, a perseverare negli errori e nelle omissioni, allora è complice di ciò che accade.
E, con la stessa onestà, lo dico anche a chi la sostiene senza più porsi domande: la complicità si estende a chi sceglie di voltarsi dall’altra parte.
La sicurezza non si proclama, si garantisce. E quando non lo si fa, il silenzio diventa corresponsabilità.
Scritto da: Marco Naponiello
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