Il futuro dell’assistenza sanitaria è il territorio e per il suo rilancio gli infermieri sono essenziali.
La nostra sfida è lanciata alla politica e alle istituzioni: noi infermieri ci siamo e siamo pronti a costruire insieme un sistema sociosanitario a misura della persone e che funzioni realmente vicino a loro, per rendere efficienti i servizi, tagliare le inappropriatezze e garantire la qualità dell’assistenza.
Nelle grandi città oggi le persone ricorrono all’ospedale perché accanto al proprio domicilio non sanno a chi rivolgersi. Nei piccoli comuni – e la Campania ne ha oltre 530 considerati come zone disagiate, di cui il 46% circa nella provincia di Salerno, ma spesso il disagio c’è anche nelle grandi città – i cittadini non riescono a soddisfare i loro bisogni di salute perché è carente o manca del tutto un reale supporto sociosanitario.
Per questo il Piano Nazione di Ripresa e Resilienza (PNRR) ha previsto un forte sviluppo dell’assistenza territoriale e il decreto 77 di maggio 2022 ha disegnato gli standard che dovranno caratterizzare le nuove strutture previste.
In queste è previsto lo sviluppo della domiciliarità e della prossimità e in tal senso un compito fondamentale è assegnato agli infermieri e soprattutto alla figura dell’infermiere di famiglia e comunità. In Campania secondo gli standard ne servirebbero oltre 1.800 di cui circa 370 nella sola provincia di Salerno. Ma gli infermieri di famiglia non ci sono. Anzi, a mancare sono proprio gli infermieri in assoluto e la carenza nella nostra Regione tocca le 9mila unità di cui oltre la metà proprio per assistere sul territorio.
Le Case della comunità saranno il punto di aggregazione dei nuovi servizi sanitari territoriali, ma ora abbiamo davanti una grande sfida: proviamo insieme a creare un laboratorio dove tutti possiamo discutere qual è la cultura che occorre ai professionisti, che deve essere inserita nei piani formativi per entrare in questi nuovi modelli organizzativi, altrimenti saremo sempre orientati a valutarli con l’approccio tipico che abbiamo sempre avuto.
Non c’è solo bisogno di come stare dentro le Case di comunità, ma di come “stare fuori”, dove le persone vivono. Senza dialogo e multiprofessionalità la Casa della comunità rischia di diventare un “condominio” dove c’è un elenco di citofoni e secondo la necessità se ne suona uno o l’altro, ma quelli che abitano sullo stesso pianerottolo poco parlano fra di loro: i Mmg con gli infermieri di famiglia e comunità piuttosto che lo specialista con i Mmg, o l’assistente sociale con l’infermiere di famiglia e comunità e così via.
La sfida è chiara e noi infermieri la lanciamo è vero, ma siamo anche pronti ad accoglierla per costruire il “fuori”, più complesso e strategico, perché la Casa di comunità è un nodo di quella rete che dobbiamo realizzare mettendo insieme il sanitario con il sociale, utilizzando gli strumenti, soprattutto proprio nelle zone più a rischio per la loro condizione disagiata, che ci offre la digitalizzazione del Paese e il supporto informatico e di tutti i sistemi digitali.
Basta con gli ospedali ingolfati e i pronto soccorso presi d’assalto anche per prestazioni che devono trovare soluzione sul territorio. La conseguenza sono le attese interminabili che speso, anche per l’esasperazione dei cittadini, sfociano in episodi di violenza pesantissimi sugli operatori sanitari, E gli infermieri sono ancora una volta la prima linea, quella che per prima ne fa le spese.
La Campania quasi quotidianamente è in testa alle cronache per questi episodi. La soluzione? Un’assistenza territoriale – e domiciliare – reale ed efficiente e, soprattutto, un numero di infermieri formati e sufficienti a garantirla.
La qualità dell’assistenza deve percorrere questa strada: gli infermieri sono a disposizione per realizzarla e ignorarlo e ignorarli sarebbe un autogol per chi goverma, ma soprattutto un danno enorme per la salute dei cittadini.
Cosimo Cicia
Presidente OPI SALERNO e Vicepresidente FNOPI