La storia è segnata da personaggi di una certa rilevanza. Alle volte di genere sociale, altre di genere politico ed è curioso vedere come questi riescano non solo a plasmare leggi ed eventi, ma anche luoghi. Ebbene cari lettori, quest’oggi parleremo di Ugolino della Gherardesca ed in particolare del castello di Acquafredda che sorge nei pressi del comune di Siliqua, in Provincia di Cagliari. Ma prima facciamo un breve riassunto. Ugolino nacque a Pisa e potendo contare sui rapporti con la casata degli Hohenstaufen, vantava alcuni titoli e possedimenti, inoltre difendeva le posizioni dei Ghibellini in Italia ePisa, che fu sempre stata sostenitrice dell’Impero, non poteva che esserne lieta in quanto tale compito ben si adattava alle esigenze politiche della città. Eppure dopo numerose frequentazioni e ad una profonda amicizia coi Visconti, passò alla fazione Guelfa tanto che diede in sposa sua figlia Giovanna a Giovanni Visconti, Giudice di Gallura e cugino di Ubaldo Visconti, il marito di Adelasia di Torres. Ugolino e Gherardo della Gherardesca, tra il 1256 e il 1258,combatterono assieme ai loro alleati sardi in varie battaglie contro il Giudicato di Cagliari di cui, dopo la caduta, ottenne una vasta porzione che favorì la nascita dell’importante città mineraria di Villa di Chiesa, ricca di giacimenti di argento, zinco e piombo, fonte di inesauribili fortune per Pisa. Il conte aveva la residenza nel castello di San Guantino ad Iglesias ed il castello di Acquafredda, struttura fortificata che si innalza su di un colle di origine vulcanica per un’altezza di 256 metri rispetto al livello del mare. Dal ritrovamento di una bolla Papale, datata 30 luglio 1238, nella quale Gregorio IX dà disposizioni affinché si provveda a mettere in assetto di guerra le fortificazioni dei giudicati di Torres, di Gallura e di Cagliari, si ritiene che la roccaforte esistesse già dal 1215, lasciando prospettare l’ipotesi che il castello di Acquafredda potrebbe avere avuto una sua storia sotto il Giudice d’Arborea Giovanni de Bas-Serra, soprannominato Chiano, negli anni precedenti la venuta in Sardegna dei della Gherardesca ma tutti attribuiscono comunque la costruzione al nobile Ugolino. Ad ogni modo, dopo i Pisani il castello diviene proprietà degli Aragonesi(dal 1326 al 1410)e oltre siffatta data si suppone che, probabilmente la fortezza non venne più abitata e passa nelle mani di diverse famiglie feudatarie, fino a che non viene acquisita dal Re di Sardegna Vittorio Amedeo III, nel 1785. Ma quali sono le tracce indelebili di questi passaggi? Cosa resta effettivamente di questa meravigliosa struttura? E cosa ha da enarrarci ancora dopo così tanto tempo? Innanzi tutto partiamo dalla parte esterna del castello, quella situata a nord, in cui a sinistra della prima feritoia possiamo ammirare e distinguere alcuni stemmi araldici: a sinistra vi è uno scudo percorso da una banda che va dal cantone destro a quello sinistro, mentre nello stemma centrale è ben visibile l’aquila imperiale che non solo è simbolo Ghibellino ma anche di come Ugolino svolse la funzione di vicario presso Re Enzo. Gli altri scudi appaiono scalpellati. L’architettura nell’insieme è di tipo romanico e nonostante all’interno di ciò che rimane del Palazzo non vi è nessun segno di pianellatura, si sa che nel lontano 6 giugno 1407, circa 300 pianelle e due botti di calce vennero portate dal borgo sottostante. Inoltre sono stati ritrovati considerevoli quantità di cocci di coppi grezzi (i tipici grandi recipienti di terracotta per conservare l’olio)usati forse per convogliare le acque piovane verso le bocche delle cisterne, alcune di esse sono ancora visibili e ubicate nella Torre. All’epoca era una grande opera di ingegneria e non solo consentiva la raccolta e la depurazione dell’acqua, ma anche la capacità di distribuzione e conservazione in un pozzo sottostante. Ma che fine fece il proprietario del castello? Come ben tutti sappiamo, nel 1274-75 il conte Ugolino venne imprigionato assieme figli e nipoti nella Torre della Muda per non aver pagato il tributo dovuto per il possesso dei suoi feudi in Sardegna e qui, nasce la leggenda che deve fama e diffusione esclusivamente al Sommo Poeta Dante Alighieri che – situando Ugolino nei canti XXXII e XXXIII della Commedia e più precisamente, nella seconda zona del nono cerchio dell’Inferno,l’Antenora – mostra il conte come un dannato vendicatore che si adopra a divorare brutalmente la testa dell’arcivescovo Ruggieri e sempre secondo Dante i prigionieri spirarono dopo una lenta agonia dovuta al digiuno ma prima che essa avvenne, i figli pregarono il loro padre di cibarsi della loro carne per poter sopravvivere. Per questo Ugolino passò alla storia come “Il conte cannibale” ma studi più recenti hanno smentito l’atto di cannibalismo, optando la morte in seguito al digiuno perpetrato per una settimana. Ma ammettiamolo, cari lettori: tutti continueremo a preferire ciò che narra la leggenda per l’alone di mistero che l’avvolge e per la magnificenza con la quale Dante ha scritto di questo personaggio. E il castello di Acquafredda? Dopo l’acquisizione nel 1785 il Re Vittorio Amedeo III riconobbe a Don Giachino Bon Crespi il marchesato di Siliqua, incluso il castello di Acquafredda. L’erede di Don Giachino, Stefano, morì senza figli il 31 marzo del 1819. Successivamente, in seguito all’investitura del feudo per diploma sovrano nel 1821 al fratello di Stefano, Giasselmino, si perde ogni notizia del castello, che nonostante ora sia diroccato e non più agli antichi fasti di un tempo, giocò un ruolo molto importante nella storia militare e politica della Sardegna.