Ancora una disamina sagace dell’avvocato Laura Avella, intellettuale cilentano trapiantata a Napoli e collaboratrice storica de “Il Saggio” fondata dal Cav. Giuseppe Barra, rivista ebolitana e casa editrice omonima, oltre ad essere divenuta da qualche mese una nostra preziosa partner editoriale.
L’articolista questa settimana si sofferma su un altro aspetto dell’ emergenza causata dal covid 19, quella riguardante lo sport, e le sue sfaccettature: l’importanza che potrà avere per la ripartenza economica e sociale italiana, quanto la mancanza che ha fatto patire ai tanti appassionati durante tutta la fase emergenziale.
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Come un tedoforo ha attraversato le nazioni, ma non per indurre a prestare attenzione ai giochi, ed a far interrompere la guerra, ma con istinti criminali, ha fermato il mondo e pure lo sport.
Quanti sogni durante gli allenamenti, quanto sforzo fisico per arrivare ad una meta.
La speranza di un successo, sin dal momento che con la valigia, solo e lontano dagli affetti di casa parte l’atleta per le sue gare e per il suo futuro.
Sul ring della vita le sue sfide più dure, la prima con sé stesso per lo sforzo che deve produrre e che gli allenamenti prevedono.
Quanti sacrifici da fare in un anno, la dieta e la tenuta di una vita sana ed equilibrata, insomma tante regole da rispettare.
In campo ci sono altri dieci campioni non può fare un danno a tutti, ma una vita da mediano che richiede una generosità di condotta e lì nel mezzo tutti per uno, uno per tutti.
Pochi minuti in vasca e sempre meno per poter vincere, ma quanti sforzi per tenere la testa bassa nell’acqua e tirare di braccia.
Quanti net ha sentito urlare prima che l’atleta potesse alzare le racchette al cielo in segno di vittoria.
Pochi passi e si potrà tagliare il nastro, non ci vuole poco per battere il record nel nome di un novello Mennea.
Un rombo di motori, una corsa adrenalinica ed una bandiera a scacchi al finale glorioso.
Un buon cavallo ed una bella criniera, ma occorre rimandare le esibizioni, così anche un giavellotto resterà nel fodero come le sciabole belle e sinuose.
Sulla rete non passa la palla ed anche il cestista non salterà per schiacciarla nel canestro.
Un tiro al piattello, un Giro d’Italia, un casco ed una moto, tutto è fermo: pensate un po’.
La gloria e la sconfitta hanno cambiato volto, non c’è lotta e non c’è agone, ma neppure pubblicità e soldi, spesso tanti e forse troppi, per alcuni sport più seguiti ed osannati.
Non una gara da seguire nè un campione da elogiare, né sui giornali né in TV. È crisi totale di carta stampata e di parole.
A porte chiuse, a porte aperte, non si capisce come sarà, una cosa soltanto è positiva: nessuna scommessa truccata, almeno il “vizio” della criminalità non può proseguire in questa stasi.
Eppure Prometeo aveva rubato il fuoco agli dei per donarlo agli uomini e questo furto condannati a tenere quello sempre acceso. Ma poi dopo il furto del fuoco, quale peccato ha commesso l’umanità?
Il fuoco è simbolo della vita ed è la base dello sviluppo e della civiltà che non si vuole né deve fermarsi. Infatti il nostro tripode vuole ardere, non vuole spegnere e vuole che le gare ed i giochi proseguano e si interrompa lo scopo bellico del “bandito” che ha incontrato sul suo percorso uno sportivo ed un campione.
I propri destini in questa strana situazione si sono incrociati e l’uno non sembra mollare la presa, la fase 1 e la fase 2, ma dietro la curva del contagio il campione deve vincere la sua battaglia, lasciandolo alle spalle: questa è la vera gara.
Il covid mette paura, non basta lo sforzo di stare a casa, non basta il sacrificio degli operatori sanitari, il “bandito” ha troppo vantaggio.
Allora, uniamoci a corte non siam pronti alla morte, ma ad affrontare una miglior sorte.
Una preghiera del Santo Padre e parte la sfida: accendiamo il fuoco della fiaccola, la guerra è finita.
(Laura Avella)